giovedì 14 novembre 2013

Genitori che avventura! Intervista a Sofia Mattessich (terza parte)

Continua l'intervista a Sofia Mattessich, autrice del libro "Genitori che avventura! Principi  pratici per educare i figli" edito da San Paolo, di cui trovate qui la prima e qui la seconda parte.

E' importante osservare il comportamento dei figli: può farci qualche esempio di come e cosa osservare e che cosa dedurre?

Per conoscere i nostri figli, occorre dialogare con loro e osservarne il comportamento; teniamo presente che i bambini usano molto di più le azioni che le parole per esprimere i loro sentimenti. 

Per riuscire a osservare il comportamento di nostro figlio e a dedurne qualcosa, occorre prima di tutto prestare attenzione e in secondo luogo riflettere.
Per esempio, se una sera fatichiamo molto più del solito a mandare a letto il nostro bambino, pensiamo a che cosa può aver causato preoccupazione o sovraeccitazione, ricordando quel che è successo oggi o che è in programma domani (abbiamo avuto una discussione accesa con nostro marito/moglie? Domani il piccolo festeggia il compleanno invitando gli amichetti a casa?). E’ importante non lasciare nostro figlio da solo con le sue emozioni, ma aiutarlo prima di tutto a verbalizzarle, dando loro un nome e identificandone le cause; poi aiutiamolo a rielaborarle e gestirle in modo adeguato (dicendo per esempio: “qualche volta la mamma e il papà discutono su qualcosa, ma poi trovano un accordo”, “anche l’anno scorso eri emozionato prima della tua festa, poi ti ricordi che sono venuti Camilla e Francesco, avete giocato con il didò, hai soffiato le candeline e aperto i regali…”).

Oppure un bambino manifesta un comportamento oppositivo in una situazione in cui normalmente è conciliante, oppure si fa male ripetutamente o litiga più del solito con il fratellino; anche qui occorre riflettere sulle cause (può anche essere solo stanchezza, connessa all’attività svolta durante la giornata oppure per esempio allo sforzo nell’affrontare un cambiamento per lui impegnativo, come l’inizio della scuola o anche il trasferimento in una località per trascorrervi le vacanze).

Se osserviamo che il nostro bambino di fronte ai compiti nuovi si scoraggia alla prima difficoltà, può darsi che abbia troppa poca fiducia in se stesso e che sia necessario fargliene acquisire di più, per esempio facendogli notare di volta in volta come ha imparato a svolgere bene una qualche attività che prima non sapeva fare.

Gli esempi potrebbero continuare all’infinito; le parole-chiave per noi genitori sono “attenzione” e “riflessione”.

"I no che aiutano a crescere": forse oggi per i genitori è la parte più difficile. Può rassicurare mamme e papà dei più piccoli dando qualche consiglio su come sia utile e possibile dire di no ai figli?

Lo stile educativo più diffuso un tempo era di tipo autoritario: i genitori facevano attenzione soprattutto a controllare il comportamento attraverso regole rigide e divieti, senza dare molte spiegazioni e coltivando poco la dimensione degli affetti. 

Oggi, nonostante il proliferare di testi divulgativi del tipo “Se mi vuoi bene, dimmi di no”, è molto diffuso uno stile permissivo, in cui ai figli si impone poco il rispetto di regole e limiti, un po’ per stanchezza (dire di no richiede spesso più energia) e un po’ perché i genitori desiderano vedere i propri figli contenti e non si rendono conto che così facendo non li renderanno felici, ma fragili. Infatti, i bambini hanno bisogno di regole (il più possibile coerenti) e di un adulto forte che sappia contenere i loro desideri, impulsi ed emozioni, che funga da guida sicura e da argine; solo così possono crescere sicuri e imparare col tempo ad autoregolarsi, finché sapranno un giorno dirsi da soli: “Ora non posso giocare, perché prima devo fare i compiti”. 

Inoltre, l’esperienza della frustrazione costituisce per i piccoli un’opportunità essenziale di imparare ad affrontare le difficoltà e di rafforzarsi; senza di essa, i nostri adolescenti andranno in crisi di fronte alle prime avversità.
La famiglia di oggi rispetto a quella di un tempo ha il grande pregio di essere un luogo caloroso, in cui si comunicano affetti. Non è auspicabile il ritorno al vecchio autoritarismo, bensì l’adozione di uno stile educativo autorevole, in cui i genitori oltre al calore dell’affetto comunichino regole chiare e coerenti e ne pretendano l’osservanza in modo fermo, stabilendo limiti e non soddisfando prontamente tutti i desideri dei figli. I bambini educati con questo stile mediamente hanno più fiducia in se stessi, sono più autonomi, responsabili e più abili nei rapporti sociali.

Quando noi genitori diciamo “no” a un desiderio di nostro figlio, dobbiamo osservare tre passi: 
1) esprimere comprensione per il suo desiderio e i suoi sentimenti;  
2) mostrargli però le esigenze della realtà; 
3) dargli sostegno e valorizzarlo. 
Per esempio, potremmo dire: “(1) Capisco che vorresti restare qui al parco a giocare con i tuoi amici e che ti dispiace dover tornare a casa, ma (2) dobbiamo rientrare, perché devo preparare la cena; (3) [quando il bambino acconsente, seppur sbuffando] bravo, ero certa che avresti capito”. 
In questo modo il bambino non percepisce un genitore “cattivo” che proibisce e sgrida, ma un genitore che (1) lo capisce e (2) gli indica le esigenze della realtà che comportano anche frustrazioni – frustrazioni alle quali (3) egli è in grado di far fronte.

Nessun commento:

Posta un commento