giovedì 27 febbraio 2014

Togliere il pannolino? Si può!


Avere il pannolino significa avere un ingombro nei movimenti a tempo pieno, significa avere sempre bisogno di un adulto che ti cambi quando ti sporchi, significa sentirsi a disagio. Allo stesso tempo però è anche un vantaggio: non occorre distogliersi dal gioco quando si sente lo stimolo della pipì, essere cambiati prevede un contatto fisico con l’adulto che fa sentire coccolato.
Per il bambino riuscire a raggiungere il controllo degli sfinteri è una conquista di indipendenza inestimabile.
Non esiste un’età precisa arrivati alla quale scatta la voglia di usare il water, ma forse è meglio iniziare a tentare quando il bambino comincia a comunicare verbalmente i propri bisogni e quindi dai 18 mesi circa in avanti.


Non esiste nemmeno una ricetta con la quale siamo sicuri di liberarci per sempre dal pannolino: ogni bambino ha la sua storia e le sue necessità. C’è chi passa direttamente al water dei grandi, c’è chi usa il vasino, c’è chi ha bisogno di indossare il pannolino solo in alcuni momenti.

Vero è che la stagione calda aiuta: gli indumenti sono più leggeri e facilmente lavabili e per i bimbi una doccia in più è solo un sollievo dall’afa estiva.

La cosa a mio parere più importante è l’osservazione prima e la determinazione poi. Riuscire a capire quando è il momento giusto per andare alla conquista del bagno dei grandi è fondamentale: è consigliabile non farlo a ridosso di altri cambiamenti (passaggio alla scuola infanzia, arrivo di un fratellino, abbandono dell’oggetto transizionale). Questa valutazione implica un grosso sforzo e una grossa obiettività da parte dell’adulto.

Quando poi si intraprende la nuova avventura, mantenere un atteggiamento sereno è altrettanto necessario: colpevolizzare il bambino, pretendere da lui che non si sporchi comporta una dose di frustrazione eccessiva da sopportare. In caso di defaillance però tornare indietro per comodità è altrettanto nocivo: i piccoli sono confusi da atteggiamenti ambivalenti e non continuativi.

Il cambiamento dovrebbe cominciare a casa e poi all'asilo si prosegue rendendolo un'esperienza condivisibile con gli altri compagni. E' sempre meglio accompagnare questo rito con una canzoncina o la lettura di un libro a tema.

lunedì 24 febbraio 2014

Lasciamo una traccia


Chi lo ha detto che si può lasciare traccia solo con le dita e con le mani?

Immergere i propri piedi nel colore e stampare un'impronta su un cartoncino può essere ancor più soddisfacente. 
Un'idea potrebbe essere quella di preparare un percorso pedotattile: passare sulle foglie (secche o appena raccolte), su stoffe setose, su erba, su grandi sassi, su carte di diversa consistenza, sulla tempera e infine...immergerli in una bacinella d'acqua. Si possono proporre solo materiali naturali o lo stesso materiale di tipologie diverse.

Potrebbe essere un bel ricordo anche per la fine dell'anno.

Si sentono con i piedi sensazioni più vere e meno filtrate, si mettono in gioco emozioni, si fanno i conti con  le paure (soprattutto con quella di sporcarsi), si utilizza meno la vista e ci si gode di più l'emozione, si lavora sull'equilibrio e la postura e poi...quanto è divertente!

martedì 18 febbraio 2014

Travasare che passione!

I travasi sono una delle attività più proposte al nido perchè riescono ad impegnare e a divertire sia i bimbi più piccoli che i più grandicelli. 
Riuscire a versare in un ciotolino per poi riversarlo in un altro ancora diventa un vero e proprio lavoro

Osservare le loro facce serie serie e concentrate è sempre una vera sorpresa e viene da meravigliarsi ancora di più quando si considera il periodo di tempo, di solito molto lungo, che utilizzano per questa attività che non sembra mai stancarli. Oltre a stimolare la motricità fine e il coordinamento oculo-manuale, mette in campo diverse emozioni legate alla sensazione dei materiali sulla pelle. Molto utile durante l'inserimento: il bimbo riesce ad allenare la comparsa e la scomparsa nel contenitore, proiettando l'azione sui suoi sentimenti nei confronti della figura parentale.

Proporre in maniera diversificata il travaso può essere una tecnica per non cadere nella banalità. Possiamo organizzarla da seduti con vecchi vasetti di yogurt, bottigliette di vetro, ciotole di metallo, cucchiai, colini: la differenza dei materiali dei contenitori è importante a livello sensoriale. Nei pentolini trasparenti il bimbo riesce a vederne il contenuto; bottigliette e piatti hanno misure di "riempimento" diverse; i fagioli secchi fanno rumori diversi se versati nel metallo e via dicendo.
In questo caso si può pensare di "delimitare" il territorio del bambino con un vassoio più grande nel quale ogni bimbo può svolgere la propria attività.

Si può anche, al contrario, gestire l'attività in maniera totalmente diversa offrendo loro una location più libera: un grande telo o tovaglia di plastica stesa in terra, il materiale rovesciato sopra e i contenitori a disposizione. E' meglio in questo caso di prediligere il piccolissimo gruppo, poichè la situazione può degenerare nel caos.

Vasche più o meno grandi possono essere un'altra alternativa validissima. Ci sono tavoli appositamente progettati per travasare in gruppo e in piedi, ma anche grandi catini possono diventare divertenti maxicontenitori per gli oggetti da travasare e... per i bambini stessi!

I materiali da travasare sono tantissimi: legumi secchi, pasta cruda di varie forme e dimensioni, farina gialla, farina bianca. Non dimentichiamoci liquidi cremosi (passato di verdura avanzato, pomarola, cioccolata calda...) e acqua, che per le loro diverse consistenze divengono anche una piacevole attività sporchevole.

venerdì 14 febbraio 2014

La paura: comprenderla ed affrontarla insieme


La paura è l’emozione più vecchia del genere umano; è un’emozione insostituibile nella vita di ogni individuo, non esiste essere umano privo di questo elemento.
Avere paura di qualcosa significa vedere in essa un potenziale pericolo, un oggetto che in qualche modo ci disturba e ci turba. 
 

I bambini, in quanto in fase di formazione e per questo con una personalità non definita, sono più contagiabili rispetto agli adulti. Non si spaventano solo quando si trovano davanti al pericolo, ma anche quando percepiscono negli altri segnali di paura. Per cui basta vedere nell’adulto significativo segni di timore, di ansia e di paura per percepire anch’essi la medesima emozione. 

La paura però non emerge solo in presenza di uno stimolo pericoloso, ma anche in assenza di una determinata realtà. Per cui un bambino che viene allontanato dal contesto familiare, privato quindi delle figure di riferimento, può sentirsi impaurito e ansioso. 

C’è da considerare anche una dimensione evolutiva della paura: esistono paure tipiche dell’infanzia, della fanciullezza, dell’adolescenza e anche dell’età matura e della vecchiaia. Per quanto riguarda i bambini nei primi cinque anni di vita, le situazioni che provocano reazioni allarmanti sono:

  • Tra i 3-4 mesi e i tre anni. I rumori forti, il dolore, l’accostarsi rapido di oggetti, l’altezza, l’isolamento e i bruschi cambiamenti di illuminazione,tutte paure che diminuiscono gradualmente nell’età successive. In questa prima esperienza di paura il bambino viene colto di sorpresa.
  • A partire dalla seconda metà del primo anno di vita e per tutto il secondo. Inizia verso i due anni la paura di perdere l’amore ed essere punito, con il conseguente senso di colpa che può essere una minaccia più pericolosa della separazione in sé. Soprattutto verso il terzo anno, il bambino è molto sensibile a queste punizioni e ricoveri, che per lui significano privazione dell’amore e rifiuto di tutta la sua persona. In questa età la paura dell’ignoto e della separazione sono frequenti.
  • Intorno ai 20-24 mesi fino ai 5-8 anni. La paura per gli animali e per il buio sono più frequenti e raggiungono la punta massima verso gli otto anni. Gli studi sull’ontogenesi della paura nei bambini dimostrano che questa emozione non appare chiaramente se non dopo il primo anno di vita. Questi dati non possono essere definitivi, in quanto in età precoce è difficile distinguere il disagio dalla paura. Il bambino ricorda più a lungo le esperienze spiacevoli e l’immaginazione, che via via diventa sempre più ricca, può far nascere timori e ansie per qualcosa che hanno sentito nominare e discutere da altri, senza nemmeno conoscere l’oggetto in questione, acquisendo così la capacità anticipatoria di immaginare pericoli incombenti. 
Verso i 6-11 anni alcune paure dell’infanzia vengono padroneggiate e superate e ne nascono altre, in relazione allo stato di maturazione cognitiva. Diminuiranno le paure per i rumori, le luci, il buio e aumenteranno ad esempio quelle dei danni fisici.

Arrivato al nido, il bambino dovrà subito affrontare una delle paure più grandi: quella della separazione dalle persone amate. L'angoscia da separazione si manifesta già fin da neonati. Nel momento in cui il neonato, essendo molto sensibile, percepisce un sentimento di insicurezza e di lontanza emotiva, percepisce un non ascolto, inizia a piangere, irrigidendo tutti i suoi arti.

Nel prendersi cura di un bambino piccolo, è quindi, molto importante che la mamma e il papà possano dedicare momenti esclusivi per il bambino, momenti accompagnati da carezze affettuose, sguardi di fiducia, tocchi, scambi di sussurri, abbracci, in modo tale da far sentire al bambino di essere amato. Inoltre anche cercare di mantenere la serenità, la lentezza e la distensione in situazioni improvvise, in situazioni di disagio, in situazioni che modificano il rituale del bambino durante la giornata è da non tralasciare. 

Anche avere paura del buio è molto frequente nella fascia d’età dai 2 ai 6 anni ed insorge proprio quando il bambino si è abituato al mondo della luce e a riconoscere punti di riferimento intorno a sé. 
I 2 anni sono anche il periodo degli incubi... una lucetta vicino al letto potrà rassicurarlo. 

Un'attività che può aiutare ad esorcizzare gli spaventi è ovviamente la lettura sulla paura del buio: possono essere utili libri come "A luci spente" di Richard Fowler e "Ombre" di Armaud Roi, entrambi permettono di realizzare dei giochi di ombre. 
Sebbene la paura del buio sia molto frequente, il colore nero piace molto ai bambini in quanto demarca, è forte e li aiuta meglio a definirsi e a lasciare una traccia di sé.


martedì 11 febbraio 2014

Musica al nido!


La musica entra al nido non solo sotto forma di attività strutturata o di canzoncina, ma può diventare un bel sottofondo musicale in diversi momenti della giornata per rilassare, per scatenare o per riunire.

Pensare a momenti appositi per giocare con la musica è indispensabile per offrire proposte più o meno programmate nelle quali i bimbi imparino ad "esplorare" suoni e toni. Mettere a disposizioni strumenti musicali, veri o costruiti dagli adulti del nido (ad esempio, durante dei laboratori genitori), può essere un primo approccio. Costruire o decorare oggetti musicali può divenire un'attività divertente anche per i più piccoli: bottigliette tramutate in maracas possono essere dipinte con le tempere e riempite con il travaso.

Scoprire la musica degli oggetti comuni è sicuramente un buon modo per allenare all'ascolto e alla riproduzione e un valido spunto può essere dato dai libri di Arianna Sedioli.

Cantare canzoni insieme è un buon modo per cementare il gruppo nei momenti di "attesa", come quando si aspetta di iniziare l'attività, di essere cambiati o di andare a letto. Prevedere sottofondi musicali durante alcuni momenti della giornata, come durante la merenda o durante il disegno, può rappresentare una maniera per creare un bel clima.

E infine...ballare insieme al suono di ritmi più o meno movimentati è un buon espediente per "tenere" il gruppo, nonchè per divertirsi con i bambini.

venerdì 7 febbraio 2014

Lo dicono anche le statistiche: le femmine sono più chiacchierone dei maschi fin da piccole.

Ma facciamo un passo indietro: tutto inizia con il primo urletto. E' l'unico modo che il neonato ha per comunicare: "Ehi, c’è nessuno? Ho fame!" Presto capisce: “Se piango (o urlo), mamma e papà arrivano e mi aiutano.”
Ogni giorno la comunicazione diventa più elaborata: un pianto a tutto volume, un urlo pieno di rabbia, un piagnucolio sommesso, una risata. L'acquisizione del linguaggio funziona in modo simile in tutto il mondo, nei primi mesi un bimbo cinese si esprime in modo simile a un bambino italiano. Con l’andare del tempo la lallazione diventa sempre più chiaramente cinese, italiana, francese, ecc.
A partire dal secondo mese inizia la "prima fase della lallazione", cioè il piccolo cerca di scoprire che cosa riesce a fare con la bocca a parte succhiare e sbavare. Per esempio pronuncia suoni come "ghhh". In questa fase il piccolo è preso dalla pura voglia di provare: che suoni vengono fuori se arrotolo la lingua? E cosa succede se soffio sulle labbra in fuori?

Che cosa possono fare i genitori per stimolare i bambini?
  • Parlare moltoSi può cambiare il pannolino di un bambino stando zitti o gli si può spiegare il mondo mentre è sul fasciatoio: "Guarda un po’, c’è il tuo ombelico!". "Guarda! Il mobile salta se soffiamo!" Naturalmente i piccoli, soprattutto i più piccini, non capiscono ancora il senso delle parole. Ci sono due motivi per cui parlargli un sacco: i bambini trovano bello se la mamma parla. E all’inizio imparano soprattutto ascoltando.
  • Ripetere come un pappagallo. Bu-bu-bu, ga-ga-ga: non appena il piccolo produce dei suoni, è un vero e proprio interlocutore. Gli piace se i grandi imitano i suoi rumori, ma si dà anche da fare con le nuove parole di mamma e papà.
  • Ascoltare. Parlare ha senso solo quando si ha la sensazione che qualcuno ascolta interessato. Non ha importanza se il piccolo di un anno si esercita con la sua nuova parola o se quello di tre anni racconta per la settima volta la storia del camion della spazzatura. Ascoltare significa prendersi tempo e guardare il bambino quando parla. Se a volte non succede, gli si dovrebbe spiegare il perché: “Stendo il bucato, poi ci beviamo la cioccolata e mi racconti ben bene la storia.”
  • Leggere ad alta voce. I libri sono importanti, anche per i più piccoli. Si possono rosicchiare le pagine, tirare forte le pagine e guardare le figure. Più il bimbo è piccolo, più facili dovrebbero essere le immagini: una palla, un bus, un orso.
  • Cantare. La lingua è informazione, ma anche melodia e ritmo. E' molto più semplice imparare una canzoncina o una poesia!
  • Mai correggere direttamente. "Nonno già leggiuto giornale." È perfettamente chiaro quello che il piccolo voleva dire. È giusto apprezzarlo. Invece di correggere il bambino, puoi ripetere la frase ancora una volta nel modo giusto: "Sì, il nonno ha già letto il giornale."

lunedì 3 febbraio 2014

Figli e faccende domestiche: e se collaborassimo tutti?

di Mariapaola Ramaglia

Giocattoli sparsi in ogni stanza, scarpe dappertutto tranne che nella scarpiera, vestiti sporchi ammonticchiati sulle sedie… Talvolta i nostri figli pensano sia un dovere di noi mamme sistemare tutto e, spesso, siamo proprio noi che glielo facciamo credere, rassegnate, ormai, a gestire tutto tra mille acrobazie. Eppure si potrebbe avere la casa in ordine e anche del tempo libero da trascorrere, magari, tutti insieme… La parola magica?
Collaborazione.
La famiglia è come una squadra, perciò, il contributo di ognuno (figli e papà compresi!) è ugualmente indispensabile per il bene di tutti. Conosco molti genitori che “pagano” i figli per il contributo dato in casa, ma non penso sia opportuno. Servizi extra (come tinteggiare una stanza o ordinare il ripostiglio) meritano una ricompensa, ma, nella quotidianità, collaborare dovrebbe essere normale. I genitori che possono contare sull’aiuto dei figli, si stancheranno e stresseranno meno e, di conseguenza, in casa si respirerà un’aria più serena. Inoltre, chi si dimostra maturo e responsabile, meriterà più fiducia e libertà. Queste non sono già belle ricompense?
Dovremmo insegnare il valore del rispetto, a partire dalle piccole cose. Mangiare biscotti, noncuranti delle briciole che cadono o non cambiarsi all’ingresso le scarpe bagnate per la pioggia, per esempio, sono mancanze di rispetto. Se chiediamo ai nostri figli di spazzare il pavimento o ripulirlo dal fango, la prossima volta staranno più attenti.
Un figlio che abituiamo ad essere servito e riverito, penserà di averne diritto, senza apprezzare le nostre attenzioni. Sostituendoci a lui e trattandolo come se fosse sempre piccolo, potremmo impedirgli di crescere, diventare autonomo e assumersi le proprie responsabilità.

Il buon esempio è fondamentale, perciò, genitori non molto ordinati saranno presi meno sul serio quando pretenderanno ordine dai figli … Comunque, collaborare è un dovere di tutti, perciò non arrendiamoci. Perfino gli adolescenti più ribelli devono imparare che i confini della propria libertà terminano quando si invade - anche fisicamente - quella altrui.
Le regole vanno rispettate e se la regola è, per esempio, “prima si sparecchia e poi si può guardare la tv”, niente tv se non si è sparecchiato. Cerchiamo di ottenere una collaborazione il più possibile piacevole per tutti. Le faccende domestiche non vanno necessariamente svolte accompagnate da musi lunghi e brontolii.