giovedì 29 gennaio 2015

Il sonno della notte è più sicuro se il piccolo va nanna senza troppe coperte

di Sahalima Giovannini
Sarà abbastanza coperto? Questa è una delle paure più frequenti delle mamme. In realtà, i bambini piccoli non avvertono il freddo più degli adulti: il fatto che i neonati abbiano sempre le manine fresche è un segnale del loro benessere. Durante la giornata, quindi, i piccoli possono essere vestiti esattamente come i genitori. Più delicato è il problema della notte: infatti durante il sonno notturno le mamme spesso temono che il bambino abbia troppo freddo, soprattutto i primi mesi.
No a piumini, cuscini e coperte
L’eccesso di preoccupazione può esporre, paradossalmente, il neonato al rischio di soffocamento e di morte in culla. A sottolinearlo sono gli esperti statunitensi dei Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta, in un nuovo studio pubblicato su Pediatrics hanno rilevato come ancora molte mamme non seguano le raccomandazioni dell’American Academy of Pediatrics e lascino i bambini avvolti in coperte che potrebbero trasformarsi da strumenti di protezioni a vere e proprie minacce alla loro incolumità. 
Secondo gli esperti, il pericolo arriva dall’uso di coperte pesanti, piumoni o cuscini, possono intatti occludere le vie respiratorie del bambino impedendogli di respirare. Per questo i pediatri statunitensi raccomandano di non lasciare nel lettino oggetti morbidi come cuscini, piumoni, coperte o paraurti, spostandosi possono diventare pericolosi. A dimostrare come le coperte possono trasformarsi in un’arma a doppio taglio sono anche altri studi, come quello recentemente pubblicato sulla stessa rivista Pediatrics dagli esperti di pediatria della George Washington University e del Children’s Mercy Hospitals and Clinics di Kansas City, secondo cui la maggior parte delle morti infantili improvvise o associate al sonno avviene mentre i bambini dormono sul divano. Tutto questo avviene nonostante tutte le buone intenzioni dei genitori, che desiderano soltanto fornire al bambino calore e conforto, ma tutto ciò di cui ha davvero bisogno un bimbo è l’abbigliamento per il sonno.
Meglio, quindi, limitarsi a un caldo pigiamino o sacco della notte senza altra biancheria da letto. Un altro accorgimento utile per difendere i bambini dalla SIDS è quello di posizionarli sdraiati sulla schiena. Sembra infatti che la posizione supina sia protettiva, mentre quella su un fianco e, soprattutto, quella a pancia in giù potrebbe causare nel neonato delle apnee connesse con l’arresto del respiro e quindi con la morte in culla. 

lunedì 19 gennaio 2015

Filastrocche, cartoni e tablet. L’inglese si impara con il gioco


di Elvira Serra dal Corriere della Sera

I bambini si confondono quando intorno a loro si parlano più lingue?«No, hanno la capacità innata di discriminare i diversi suoni linguistici». Apprendere due lingue richiede uno sforzo eccessivo per un bambino? «No, l’apprendimento delle lingue durante la prima infanzia è qualcosa di naturale e privo di sforzo. Questa capacità decresce a partire dalla fine della prima infanzia, verso i 5-6 anni, fino all’adolescenza, intorno ai 12». Non a caso, quella è l’età in cui le lingue straniere diventano materie scolastiche al pari di matematica, storia, geografia e italiano: difficile, a quel punto, trovarle «simpatiche». A meno che non siano state vissute, prima, come un gioco. 
Dubbi e curiosità sul bilinguismo: quello vero, di chi ha un genitore di un Paese straniero, e quello acquisito, di chi arriva alle scuole medie disinvolto come un principe ereditario grazie a corsi, lezioni private, vacanze ed esperienze all’estero. La psicolinguista Maria Teresa Guasti spiega quale deve essere, sempre, il punto di partenza: la motivazione. Quella dei genitori si intuisce facilmente: vogliono dare ai figli una marcia in più, uno strumento capace di aiutarli a farsi strada nel mondo. Difficile, però, farlo capire ai bambini, per i quali l’obiettivo principale nel loro germoglio di vita (oltre a quello di essere molto amati da mamma e papà) è mangiare, dormire e giocare. Ecco perché Guasti avverte: «Se imparare una nuova lingua significa giocare, allora i piccoli saranno felici di farlo». 

Filastrocche e canzoni sono alleate infallibili. Ma non bisogna sottovalutare l’effetto di una qualsiasi Peppa Pig in lingua originale. E se esercizi, puzzle, giochi a tema vengono fatti su un tablet o su uno smartphone, tanto meglio. «In questo caso il bambino sarà instradato non soltanto al bilinguismo, ma a quello che a me piace chiamare plurilinguismo: dove c’è l’aggiunta, cioè, del codice digitale. Per tacere del fatto che nella galassia Internet non accedere all’inglese significa restare esclusi da almeno il 90% dei contenuti per l’infanzia», chiosa Paolo Ferri, autore di I nuovi bambini (Rizzoli). 
Oltre alla motivazione di cui abbiamo scritto sopra, ci vuole metodo. «Serve un progetto educativo specifico per ogni età», avverte Susanna Mantovani, psicopedagogista dell’Università Bicocca di Milano. Proprio per questo, a suo dire, è meglio un insegnante dalla pronuncia un po’ così, ma dalle ottime doti di educatore, di un perfetto madre lingua che non sa entrare in relazione con i bambini. Aggiunge: «Un’ottima soluzione è affidare i laboratori di arte, musica, scienze o tutte le attività ricreative a persone straniere, perché saranno credibili e naturali: per dire, un cuoco inglese può essere molto efficace. Non amo, per esempio, quelle italiane che per vezzo o eccesso pedagogico parlano ai figli in inglese o francese: è forzato, un bambino ha bisogno di relazionarsi con i genitori nella lingua madre, appunto. La mamma non è una maestra, la lingua ha a che fare con l’identità e con il profondo». 
Imparare l’inglese o il francese o lo spagnolo o il tedesco vuol dire apprendere un modo di emozionarsi, di esprimersi, di comunicare. «Si impara una lingua da un punto di vista pratico, ma anche mentale: e coincide con l’apprendimento di un nuovo modo di vedere le cose, un altro punto di vista», aggiunge la psicologa Federica Mormando. 
Ma è fondamentale farlo in un contesto preciso. «È inutile imparare meccanicamente: una seconda lingua prende significato all’interno di una realtà di comunicazione di vita vera», puntualizza Carla Rinaldi, presidente di Reggio Children, network educativo ormai presente in oltre 120 Paesi del mondo che prese ispirazione dalla «teoria dei cento linguaggi » del pedagogista Loris Malaguzzi. «Tanti sono i modi per esprimersi dei bambini», conclude Rinaldi. «È una nostra responsabilità stimolarli e aiutarli a sperimentarli tutti».

martedì 13 gennaio 2015

Come affrontare la rabbia di un bambino

I bambini, specialmente i più piccoli, non sanno esprimere la loro rabbia. Un po’ è dovuto alla loro inesperienza e un po’ alla scarsità del loro vocabolario. Non avendo tante parole a disposizione, usano le poche brutte che conoscono per trasmetterci il loro stato d’animo, un problema o semplicemente chiedono aiuto. Sta a noi, allora, imparare a reagire a questi sfoghi di rabbia da parte dei nostri figli dimostrando di essere calmi e comprensivi.
Ecco come farlo in 4 semplici passi:
Non essere istintivi, fermarsi un attimo
Non farti prendere dalla rabbia, non è sempre facile ma la cosa migliore è aspettare un attimo prima di reagire e fare cose delle quali ti potresti pentire poco dopo. I bambini prendono come modello i nostri comportamenti e si comportano imitandoli.
Calmarsi
Quello di respirare profondamente e appoggiare bene i piedi per terra è un buon modo per calmarsi. Questa tecnica serve a scaricare la tensione dovuta a ciò che è appena successo e a mantenere l’autocontrollo.
Non rispondere ma andare via
Non serve rispondere alle grida e alle parole offensive del bambino con urla, frasi volgari o minacce. Esci per un po’ dalla stanza e lascialo riflette su ciò ce ha fatto e detto. In questo modo rifletterai anche tu su quanto è successo e potrai parlargli più tardi affrontando il problema.
Comprendere e scoprire i motivi nascosti
I bambini fanno qualcosa per un motivo. L’arduo compito dei genitori è scoprire come mai si comportano così. Scoprire le cause e parlare con i propri figli è uno dei modi più efficaci per dialogare con loro e fare in modo che queste cose non succedano di nuovo.