giovedì 8 agosto 2013

Per imparare a comportarsi bene le amicizie contano. A partire dall'asilo.


di Miriam Cesta

Nel comportarsi bene l'influenza delle amicizie conta. Anche se si tratta dei compagnucci della scuola materna e dei primi anni delle elementari: uno studio della University of Illinois (Usa) pubblicato su Infant and Child Development ha dimostrato che, soprattutto per quanto riguarda i maschietti, le amicizie durante gli anni dell'asilo influenzano molto il comportamento negli anni successivi.

Dalla ricerca risulta che i bambini della scuola materna con amicizie positive avranno meno problemi di comportamento e una socialità più spiccata tra la prima e la terza elementare rispetto a quelli che, invece, sono circondati da compagnucci più agitati. Il risultato, messo in evidenza per i maschietti, non è stato invece rilevato anche per le femminucce, il cui comportamento risulta meno influenzabile dalla amicizie frequentate. Lo studio è stato condotto su 567 bambini: «Nel complesso gli insegnanti hanno riferito che le bambine tra la prima e la terza elementare avevano buone abilità sociali indipendentemente dalla qualità delle loro amicizie dell'asilo. I maschietti, invece, beneficiano chiaramente della qualità delle prime amicizie», spiega Nancy McElwain, coautore dello studio.

Come si può insegnare ai propri figli a comportarsi bene con gli amici? McElwain spiega che i bambini rispettano gli amichetti e si preoccupano del loro benessere se hanno esperienze dello stesso tipo in famiglia: è così che imparano «a gestire meglio le proprie emozioni quando il gioco si fa duro, e imparano a superare i conflitti. I conflitti non sono necessariamente buoni o cattivi; la differenza la fa il modo in cui vengono affrontati».

lunedì 5 agosto 2013

Le parole dietro ai gesti: come comunicano i bimbi?


di lidia Baratta

Per alcuni è “mamma”, per altri “papà”. E c’è anche chi, zio o zia, in quel suono primordiale riesce a captare il proprio nome di battesimo. Ma al di là delle contese familiari sul significato della prima parola del nuovo arrivato, l’articolazione dei primi suoni verbali dotati di senso dopo mesi trascorsi a interpretare i gesti più disparati rappresenterebbe soltanto un punto d’arrivo nello sviluppo delle capacità comunicative del piccolo. I bambini, infatti, secondo una recente ricerca condotta dall’Università di Chicago, comincerebbero ad acquisire le abilità linguistiche ancor prima di scandire la parola numero uno. 

I ricercatori di Chicago hanno studiato i comportamenti quotidiani di 50 bambini all’età di14 mesi. Osservando ogni giorno per 90 minuti le interazioni quotidiane tra i piccoli e le figure-guida (quasi sempre le madri), gli scienziati hanno rilevato come i bimbi utilizzassero per comunicare un sistema di gesti ben strutturato, all’interno del quale a ogni gesto eseguito con le mani o con il capo corrispondeva un preciso e univoco significato. Si tratterebbe di un vero e proprio sistema di comunicazione propedeutico allo sviluppo delle capacità linguistiche. 


Ma non è finita qui. I ricercatori americani hanno studiato anche il vocabolario linguistico degli stessi bambini all’inizio del ciclo di studi scolastici. E hanno rilevato che i bambini che all’età di 14 mesi erano in grado di compiere più gesti degli altri possedevano, nel corso dell’infanzia, un vocabolario più ampio e diversificato di quello dei loro coetanei. Il che avvalorerebbe la tesi che l’acquisizione delle capacità verbali abbia inizio già nella fase prelinguistica, quando cioè il bambino ricorre soprattutto alla comunicazione non verbale per interagire con il mondo esterno. “Ogni gesto che il bambino compie è associato a uno specifico significato – spiega Golden-Meadow –. Stimolando la gesticolazione, i genitori potrebbero quindi incoraggiare la creatività linguistica e l’intelligenza del piccolo”.