giovedì 23 ottobre 2014

L'importanza del saluto

Salutare è la prima forma di relazione. Con un "buongiorno", si crea uno scambio di sguardi, un pretesto per un dialogo, una base per la conoscenza. Continuare a scambiarsi un cenno o una parola quando si va da qualche parte, è un modo per veicolare un messaggio nascosto: "io mi sto allontanando da te, ma non preoccuparti, torno".

Ecco perchè anche al nido il saluto acquisisce un valore fondamentale nella relazione tra bambino, genitore e educatore. E'un momento da curare, come lo sono le altre routine e le attività della giornata, non è un semplice scambio di saluti e di passaggio di informazioni. 

Pensate alla mattina. L'educatrice aspetta i bambini al nido, il genitore lascia il proprio figlio, il bimbo deve salutare per un lungo periodo il suo babbo e la sua mamma. Ognuno di loro ha delle emozioni, delle aspettative, degli stati d'animo diversi che ripercuote sull'altro.

L'educatrice deve svolgere in maniera professionale il suo ruolo di regista e innanzitutto predisporre un ambiente favorevole all'accoglienza dei genitori e dei bambini. Se loro trovano una situazione tranquilla con pochi bambini e angoli gioco ben strutturati, salutarsi risulterà più naturale.

Una cosa da fare sempre è sorridere. 
Essere accolti da un bel sorriso rende più piacevole il posto in cui vi trovate e quindi sorridete.
Anche il messaggio corporeo è importante: alzarsi, andare incontro al bambino e a chi è con lui, dare una carezza, sono tutti gesti rassicuranti. Così la famiglia si sente ben accettata al nido, rafforzando il legame con l'équipe educativa.

L'educatrice deve sempre ricordarsi che il genitore le sta affidando la cosa che di più prezioso ha al mondo. Per chi deve ambientare il proprio figlio al nido, le educatrici sono pressochè delle sconosciute: un colloquio ed una riunione bastano a creare una relazione?

Salutare i bambini serve per rendere il distacco dal genitore il più sereno possibile. Se la mamma è tesa, lo sarà anche il bambino.
Questa fase è fondamentale durante l'ambientamento, perchè quando la figura di riferimento si allontana, deve salutare, rassicurando il bimbo, che per la maggior parte delle volte protesterà. E'una cosa naturale: chi non lo farebbe? Si sta lasciando solo, in una situazione sconosciuta, con altri bambini e altri adulti e forse la mamma non tornerà più.
Ecco perchè è importante spiegare che si tornerà, farsi vedere sereni.

Succederà lo stesso che il bambino ce l'abbia con i propri genitori, che magari si senta un po’ abbandonato. I genitori però devono farsi una bella e solida corazza. La separazione è dura da affrontare, ma ai bambini viene data un'opportunità grandiosa: imparare ad essere indipendenti. 


L'autonomia nelle azioni quotidiane, la capacità di sapersi relazionare con i coetanei e con gli adulti, le competenze da potenziare attraverso tutti quegli stimoli che gli verranno proposti: ricordiamocelo quando salutiamo i nostri figli.

mercoledì 15 ottobre 2014

A tavola arrivano gli alieni

da corriere.it

Un gattino, un fratello piccolo, una pianta. Prendersi cura di un altro cosa significa? È stato chiesto a tappeto agli alunni di due scuole, una primaria e una dell’infanzia, e a sorpresa nessun bambino ha dato la risposta più semplice e istintiva:«Nutrirlo». Ma che cosa succede se in classe arriva un extraterrestre molto affamato? Per rinvigorirlo e tenerlo in vita bisogna alimentarlo con i cibi più buoni (e più sani). 

Ed ecco che «per gioco» l’attenzione si sposta su ciò che mangiamo. Da questa idea ha preso le mosse il progetto «Mi prendo cura- Adotta un alieno»: l’anno scorso il test alla Rinnovata Pizzigoni e alla Magreglio ha entusiasmato tutti - bambini, maestre e genitori. 
Quindi, promossa a pieni voti la fase sperimentale, adesso si procede. 
Il sito miprendocura.it è appena andato online, e dal 27 ottobre il team alieno sarà al Collegio San Carlo pronto ad atterrare a ruota nei plessi che lo inviteranno, e promosso come un «esempio di Best Practice» dal Comune.

«Per educare, le materie scolastiche della tradizione oggi non bastano: cerchiamo di aprire sempre più le classi alle esperienze che si sviluppano sul territorio e di coinvolgere le onlus nei percorsi formativi arricchendoli a tutto tondo», sprona l’assessore all’educazione Francesco Cappelli. L’alimentazione è tema su cui occorre sensibilizzare fin da piccoli, «materia non convenzionale di cui anche la scuola deve farsi carico». Una donna e un uomo, per fare colpo, imbandiscono la tavola: «È uno degli atti di ‘cura’ più preziosi per sé e per le persone cui si vuole bene, ma per la fretta sempre più spesso finiscono nel piatto dei bambini cibi poco curati e invitanti, innaturali», considera per parte sua Monica Colli, pedagogista alla testa dell’associazione ProXXIMa che ha gestito il progetto con Fondazione Cariplo e 8 per mille Chiesa Valdese, in collaborazione con Asl Milano. Viene e risolve, l’equipe dell’ «Invasione aliena» formata da Simonetta Marucci, nutrizionista, Grazia Mauri, maestra, Erica Verri, grafica, e Alessandro Sposetti che dà la voce al bambino delle Pillole, i video degli Episodi spaziali sul sito: «Non per fomentare sensi di colpa o essere fanatici, ma per sentirsi meglio: l’uomo, lo diceva il filosofo Feuerbach, è ciò che mangia. Quanto è vero..».


Il primo passo è costruire l’extraterrestre con il pongo o la cera d’api e la sua casetta col materiale di recupero (tappi, scatole, ritagli di stoffa, bottoni...). Poi, via con le Ricette spaziali (dell’omonimo libro edizioni Erickson), le Merende cosmiche, le Degustazioni galattiche: pian piano, nutrendo l’alieno, i bimbi imparano a nutrire (bene) anche se stessi. A scuola e anche a casa, replicando coi genitori le pietanze attraverso il sito. «Il coinvolgimento nella preparazione di piatti naturali e gustosi contribuirà alla rieducazione alimentare dei piccoli terrestri?», si è chiesta la Colli. Il processo, nelle scuole, è avviato. «Il percorso è stato circolare, siamo partiti dal piacere di assaporare e descrivere una nocciolina o frutti di stagione, e al piacere siam tornati col laboratorio del gusto dove i bimbi hanno imparato a non sprecare nulla, ad assaggiare tutto ciò che preparavano, a preferire i cibi più naturali e a valorizzare gli ingredienti che forniscono energia buona». In estate, i bambini della Pizzigoni si sono portati l’alieno in vacanza e i loro compiti consistevano nel raccontare cene e pranzi. Eccessivo? «Ma no, divertente», rispondono loro. «Necessario», rincara il team alieno. In occasione della giornata mondiale dell’alimentazione che cade giovedì «il cibo sia considerato prezioso e ognuno capisca che prendersi cura di un altro, vuol dire fare bene anche a sé».

lunedì 13 ottobre 2014

Faes: Sportello Primaria Informa


Il passaggio dalla Scuola dell’infanzia alla Scuola primaria è un passaggio delicato per i nostri bambini. L’ingresso alla Scuola Prima coincide per il bambino con il completamento di un processo di crescita che lo porta al passaggio da un mondo soggettivo a una realtà oggettiva governata da regole condivise, in cui dovrà compiere uno sforzo di adattamento, adeguandosi a ciò che la nuova realtà gli richiede.
E’ un po’ come uscire dal confine protetto della propria casa, da solo, con il proprio bagaglio di esperienze costruite nei 5 anni precedenti e avventurarsi verso un mondo nuovo, verso la crescita, verso la vita, con le sue sfide e i suoi rischi.
Un nuovo percorso è sempre carico di emozioni, anche e forse soprattutto per i genitori che per la prima volta vedono il proprio bimbo, la propria bimba su di un sentiero nuovo.

Per aiutare i genitori a sciogliere tutti i dubbi e le domande su questo tema e per individuare per ciascun figlio la strada più adatta perché questo passaggio sia il più educativo possibile, gli insegnanti delle Scuole FAES sono disponibili a rispondere a tutti i vostri quesiti.

Per appuntamenti potrete contattare le segreterie Argonne o Monforte: 02 2668671.

info@faesmilano.it

lunedì 6 ottobre 2014

Mamme e neonati: imparate a parlarvi

di Silvia Vegetti Finzi dal Corriere della Sera

L’idealizzazione della maternità cela la complessità del rapporto madre-figlio. Eppure è sempre possibile che, in quell’ambito delicatissimo, insorgano dissonanze, ambivalenze e conflitti. Si spera che col tempo le cose si aggiustino ma, nella maggior parte dei casi, l’intervento psicoterapeutico precoce è la scelta migliore per rimettere in moto lo sviluppo di un legame che deve allentarsi senza smarrire la sua carica affettiva. 
In proposito, la Fondazione Benedetta d’Intino di Milano condivide il suo straordinario patrimonio di esperienza e di sapere in periodici convegni di altissimo livello scientifico, eppure capaci di parlare non soltanto agli addetti ai lavori, ma a tutti coloro che hanno a cuore il benessere dei bambini. 
All’orizzonte vi è la convinzione che oggetto della cura non sia il bambino, ma la relazione che gli adulti di riferimento intrattengono con lui. 

Di solito accade che si proiettino tutti i problemi sul piccolo, preferendo considerarsi semplici spettatori del suo malessere. Ma non è così: se vogliamo comunicare davvero, dobbiamo metterci in gioco imparando a riconoscere le emozioni che ci animano. Questo vale anche per i più piccoli, come insegna lo psicoanalista Bjorn Salomonsson, del Centro Mama Mia di Stoccolma. Salomonsson crede nella possibilità di dar voce ai sentimenti che provano bambini che ancora non parlano. Racconta, in proposito, di aver rimosso il blocco che impediva un normale processo di attaccamento di un neonato alla sua mamma –—colpiti da traumi che avevano turbato la gestazione e il parto — rivolgendosi al piccolo così: «La tua mamma ha attraversato momenti terribili. Pensava che tu potessi morire mentre eri nella sua pancia. Non sapeva se avrebbe mai potuto tenerti tra le braccia e amarti. Non sapeva nemmeno se lei sarebbe sopravvissuta». Il piccolo ascolta, guardandolo calmo e con attenzione. Il terapeuta commenta: «Sembra un viaggiatore seduto in una stazione, in attesa che arrivi il treno dell’amore e lo prenda a bordo». 

Un treno su cui troverà la sua mamma, anch’essa liberata da ansie senza nome, che il dialogo rende sopportabili e condivisibili. Questa terapia precoce, breve e profonda, si applica a situazioni di grave disagio, ma le sue indicazioni sono valide per tutti. Perché spesso le mamme, quando tornano a casa dopo il parto, rimangono sole ad affrontare i problemi dei neonati quali insonnia, inappetenza, rabbia incontrollata, pianti incessanti. Anche se sono mamme informate e premurose, si trovano in difficoltà nel riconoscere e nominare le proprie emozioni e quelle del loro bambino. Che, per diventare grande, deve allontanarsi progressivamente dal corpo della mamma, ma il vuoto di quel distacco può far paura se non lo si colma con un involucro di parole «vere», dove il dire corrisponde al sentire. In questi anni, le giovani mamme cercano di vincere la solitudine contattando in Rete altre mamme che vivono situazioni simili. Attraverso scambi paritetici, che escludono gli «esperti», si sentono confermate senza essere giudicate. Monitorando le loro conversazioni, la manager della comunicazione Manuela Tagliabue, ricava un inedito resoconto della condizione materna e infantile, che merita di essere conosciuto e discusso perché le esperienze precoci possono influenzare l’intero corso della vita.