giovedì 28 novembre 2013

I libri sviluppano il cervello

di Stella Tortora
Ma è vero che i genitori di bambini piccoli giocano un ruolo importante nella fase cruciale dello sviluppo del cervello? E, quello che succede nell’ambiente domestico di un bambino dell’età di 4 anni, può anni dopo, far vedere il suo livello di intelligenza?
Sì. Secondo una nuova ricerca presentata in occasione della riunione annuale della Society for Neuroscience, il “periodo sensibile” per lo sviluppo del cervello di un bambino è intorno ai 4 anni. Invece, le parti dedicate al linguaggio e alla conoscenza, si sviluppano nei 10 anni successivi.
Lo studio, condotto da un team di scienziati dell’Università della Pennsylvania, guidati dalla neuropsichiatra Martha Farah, ha dimostrato come l’ambiente sociale in cui vive un bambino è fondamentale nel determinare, in fase di crescita, lo sviluppo del suo potenziale intellettivo.
La ricerca ha preso in considerazione un gruppo di 64 bambini statunitensi intorno ai 4 anni di età, metà dei quali proveniente da famiglie di bassa estrazione sociale e l’altra metà da famiglie di media condizione.
Due, le volte, in cui i ricercatori hanno fatto visita nelle loro case, una volta a 4 anni e l’altra a 8 anni. Durante queste visite, gli psicologi, hanno annotato quanti libri e quanti giochi educativi erano presenti nelle case e, quanto i genitori si occupassero di stimolare i bambini a livello intellettivo.
In queste occasioni, ai bambini erano assegnati alcuni compiti che potessero attivare tutte le aree del cervello per esaminare la percezione spaziale e le capacità esecutive: ovvero la capacità di porsi obiettivi, di pianificare azioni e controllare gli impulsi. I bambini del gruppo più agiato rispondevano con risultati migliori rispetto a quelli di bassa estrazione sociale, soprattutto nella capacità del linguaggio e delle funzioni esecutive.
Alla fine dello studio, all’età di 18 anni circa, i bambini ormai grandi, sono stati sottoposti a una risonanza magnetica del cervello. E, confrontando i risulatati degli appartenenti ai due gruppi, gli studiosi hanno confermato che il fattore chiave di un maggiore sviluppo della corteccia cerebrale (lo strato di materia grigia all'esterno del cervello -sottile struttura- specializzata nel selezionare, confrontare, organizzare ed elaborare le informazioni in arrivo, catalogandole come immagini, pensieri, emozioni, e immagazzinandole come ricordi) apparteneva al gruppo che durante l’infanzia era stato più stimolato.
Rilevando quanto lo sviluppo cerebrale del bambino fosse fortemente influenzato dalla condizione socio-economica della sua famiglia, così come dal benessere e dall’istruzione dei genitori; infatti, una scarsa stimolazione dovuta a fattori di disagio sociale ed economico, influiscono negativamente soprattutto sul linguaggio e la memoria.
Ma cosa significa tutto questo? Che la prima infanzia è un periodo delicato per stimolare il cervello e, è un’opportunità cercare di creare tanti stimoli per uno sviluppo cerebrale a lungo termine. Infatti, i libri aiutano a sviluppare l’intelligenza a prescindere dal livello culturale dei genitori.

martedì 26 novembre 2013

Inserimento al nido, conforto fra le mamme

di Daniela Campomagnani

L’asilo nido rappresenta nella vita del nostro bambino un grosso cambiamento, spesso dettato dalle esigenze familiari ma a volte anche scelto con la convinzione che sia un’esperienza di crescita positiva. E come ogni cambiamento nella vita del nostro bambino, anche l’inserimento all’asilo nido deve avvenire con gradualità e in un ambiente che lo faccia sentire a suo agio, permettendo giorno dopo giorno un sereno distacco dal genitore.

Spesso le mamme ignorano che l’inserimento sia un momento importante e delicato anche per loro stesse, perché il distacco dal proprio bimbo è quasi in tutti i casi accompagnato da una serie di emozioni contrastanti: da un lato c’è la consapevolezza che lì riceverà tutte le attenzioni e le cure che merita, che imparerà rapidamente tante cose nuove, che si divertirà, ma da un altro lato si teme che questa scelta, dettata dalla necessità, influisca negativamente su di lui, sul suo legame con i genitori e, di conseguenza, prevalgono i sensi di colpa

E nonostante tutto le mamme cercano di sorridere e mostrarsi entusiaste quando dentro di loro prendono luogo un’infinità di dubbi e paure, angosce di ogni tipo. Chi più e chi meno, chi prima e chi dopo qualche giorno, ogni mamma sente una miriade di sensazioni ed emozioni spesso difficili da capire.

L’inserimento al nido solitamente avviene con più bambini accompagnati dalle loro mamme e spesso questo momento risulta prezioso per molte di loro, specialmente quelle alle prime armi e molto in dubbio sul da farsi, se continuare con l’inserimento o rinunciare. Ed è qui che l’incoraggiamento a insistere, i racconti delle esperienze reciproche, i consigli e i legami che si instaurano nel parlare con le altre mamme sono per le più giovani parte fondamentale dell’inserimento; sono proprio loro, infatti, che più di tutte hanno bisogno di confrontarsi, di ricevere conferme che quello che si sta facendo è la scelta migliore per se stesse e il proprio bambino. Inoltre affrontare i pianti isterici del bambino che non vuole e non accetta il distacco con altre mamme che stanno vivendo o hanno vissuto in passato le stesse esperienze ed emozioni, porta inevitabilmente nella giovane mamma una sensazione di conforto. 

Sembra un’assurdità ma molto spesso l‘andamento dell’inserimento dipende molto dallo stato d’animo della mamma. Il bambino, infatti, percepisce tutti i suoi umori, i quali sono in grado di influenzare la sua serenità. Per questo è consigliabile mostrarsi contente e piene d’entusiasmo per questa nuova esperienza della sua crescita, anche se dentro di noi non è affatto così. Dare fiducia al bambino significa essere certe che è in grado di superare un momento difficile e di grosso cambiamento. Pur sapendo che sta soffrendo dobbiamo essere in grado di offrirgli tutto il nostro sostegno senza però cedere ad ogni suo capriccio. 

Ed è proprio in questi momenti difficili che sentirsi supportate da altre mamme che hanno già vissuto la stessa esperienza è fondamentale per permetterci di affrontare la situazione nel migliore dei modi sentendoci più sicure di noi stesse.
I bambini, solitamente, soprattutto quelli più grandicelli, vivono come un momento di crisi il passaggio dalla rassicurante situazione domestica a quella estranea di un ambiente totalmente nuovo con persone mai viste prima. Ma dopo un comprensibile momento iniziale di smarrimento, se il bambino si sentirà “al sicuro”, anche grazie alla serenità della mamma, tutte le paure di entrambi svaniranno.

sabato 23 novembre 2013

Albero di Natale, il decalogo per renderlo sicuro per i bimbi

di Concetta Desando
Manca poco a Natale, e manca ancora meno al tradizionale montaggio dell'albero. Che, però, può essere anche un pericolo, soprattutto se in casa ci sono bambini piccoli: lucine, candele, palline colorate, addobbi che sembrano biscotti o caramelle... tutto ciò che è appeso all'albero, agli occhi di un bambino, è un oggetto che sembra essere stato messo lì apposta per essere preso, e magari anche infilato in bocca. E, tirando gli addobbi, c'è anche il rischio che l'albero si sbilanci e cada addosso al piccino.
Pericoli che possono essere evitati con alcuni semplici accorgimenti: ecco dunque il decalogo per preparare un albero di Natale sicuro, con diversi spunti tratti dai consigli dei vigili del fuoco. 
  1. Appesantire la base per evitare che l’albero cada. Se si tratta di un albero finto, quando lo montate cercate di appesantirne il più possibile la base: alcuni sono dotati di un vaso (nel quale infilare il fusto) che può essere riempito di pesi per stabilizzarlo; per altri, che dispongono solo di un treppiede, l’operazione è più difficile ma non impossibile (ad esempio il treppiede può essere infilato in uno scatolone, da riempire poi di libri). Se l’albero è vero, invece, la base è già abbastanza stabile, ma dovete assicurarvi per il bambino non venga attratto come una calamita dalla terra contenuta nel vaso.
  2. La sicurezza in cima. Un altro accorgimento utile per evitare che l’albero cada è quello di legarne la cima con lo spago a un mobile vicino (che dev’essere pesante, per evitare che cada anch’esso): in questo modo diventa molto più difficile ribaltarlo.
  3. No alle palline in vetro. Sono sicuramente più belle, più artistiche, più romantiche, ma le decorazioni in vetro, quando in casa c’è un bambino, sono assolutamente vietate. Perché, se l’albero si ribalta, o anche solo se il piccolo riesce a raggiungerne una e a staccarla, il pericolo che vada in frantumi e che lo ferisca è molto alto. Meglio, quindi, optare per decorazioni in plastica, accertandosi che non abbiano parti acuminate o bordi taglienti.
  4. Candeline vietate. Anche queste decorazioni, come le palline in vetro, sono tra le più classiche per l’albero di Natale, e quando vengono accese contribuiscono come nient’altro all’atmosfera natalizia. Ma fuoco e bambini non vanno d’accordo (così come fuoco e alberi in materiale plastico), quindi meglio evitarle. Anche se si lasciano spente, perché i più piccoli possono scambiarle per dolci e tentare di mangiarle.
  5. Luci a norma. Le lucine colorate sono senza dubbio uno degli ingredienti che contribuiscono a creare l’atmosfera. Ma, come tutti gli apparecchi elettrici, non sono prive di rischi, per cui (oltre a posizionarle in punti non accessibili al bambino) bisogna accertarsi che siano a norma. Ricordatevi, poi, di spegnere sempre le luci prima di uscire di casa o di andare a dormire.
  6. Prese fuori portata. Una volta montate le luci, bisogna fare particolare attenzione a eventuali fili, prolunghe, prese “volanti”, ciabatte elettriche utilizzati per collegare l’illuminazione alla presa di corrente: tutte vanno posizionate in modo che non siano assolutamente raggiungibili dal bambino.
  7. Attenzione ai nastri. I festoni rappresentano un potenziale pericolo: così morbidi e coloratissimi, per i bambini la tentazione di prenderli dall’albero e avvolgerseli attorno al collo a mo’ di sciarpa può essere forte, con un evidente rischio di soffocamento. Per decorare l’albero, dunque, è meglio usare nastri e nastrini, ma non più lunghi di 15 centimetri in modo che non possano essere avvolti attorno al collo.
  8. La posizione è importante. L’albero, vero o artificiale che sia, naturalmente non va mai posizionato vicino a una fonte di calore come possono essere una stufa o un caminetto, per scongiurare il rischio d’incendio. Per lo stesso motivo l’albero va posizionato lontano da oggetti infiammabili quali tende o mobili imbottiti. Per gli alberi finti, inoltre, bisogna accertarsi che siano in materiale non infiammabile.
  9. Irraggiungibile. Il modo più sicuro per proteggere albero e bambino in un colpo solo è comunque quello di rendere l’abete irraggiungibile, posizionandovi intorno una barriera. Può essere una “recinzione” di quelle utilizzate per delimitare l’area gioco dei bimbi, può essere un divano, può essere un “muro” di pacchi e pacchetti con i doni di Natale… l’importante è che il bambino, stendendo le braccia, non arrivi ai rami. Certo, coprendo l’albero sparisce un po’ di magia; ma a mali estremi, estremi rimedi.
  10. Un albero “speciale”. L’ultimo consiglio è in realtà un trucco: per distogliere l’attenzione del bambino dall’albero di Natale, se ne può creare un secondo “su misura” per lui: un piccolo alberello di pochi centimetri da decorare con pupazzetti, biscotti, peluche… e da lasciare a disposizione del piccino affinché, quando vuole, possa giocare liberamente con quello e non con quello “vero” che resterà invece vietato.
Infine, oltre ai consigli per l’albero di Natale, uno importante riguarda un’altra pianta che addobba le nostre case durante le feste: la Stella di Natale (Euphorbia pulcherrima). Il suo lattice, infatti, è fortemente urticante per la pelle e le mucose, in particolare quelle dei bambini, ed è tossico se ingerito. Questa bellissima pianta, dunque, non va tenuta alla portata dei piccoli.

giovedì 21 novembre 2013

Bambini al nido fin da piccoli? Sì, grazie

di Margherita Fronte, tratto da corriere.it

È il dubbio di tutte le mamme: iscrivere il figlio al nido oppure tenerlo in casa, affidandolo magari ai nonni o a una baby sitter? Anche i pediatri sono divisi, ma da qualche tempo gli studi stanno convergendo su un’unica risposta, che si può riassumere così: i bambini che iniziano ad andare all’asilo già nel primo anno di vita crescono più sani.
IL CONGRESSO - A tirare le somme delle ricerche disponibili sono stati gli esperti riuniti al Congresso delle società europee di pediatria, che si è tenuto di recente a Glasgow (Regno Unito). Ne è emerso che la frequenza precoce al nido fa diminuire in modo considerevole le probabilità di contrarre le più importanti malattie dell’infanzia. Per il tumore pediatrico più diffuso, la leucemia linfoblastica acuta, il rischio si riduce di circa un terzo e alcuni studi hanno trovato un effetto analogo anche per altri tumori. Un beneficio ancora maggiore è stato poi riscontrato per l’asma - che colpisce ormai quasi un bambino su tre fra i 6 e i 14 anni - il cui rischio arriva a dimezzarsi se i piccoli vanno al nido prima di aver compiuto un anno. Vantaggi sono infine stati osservati anche per il diabete di tipo 1 (con una riduzione dell’incidenza del 30-40 per cento) e per l’obesità, anche se in quest’ultimo caso gli studi sono ancora pochi e il dato va confermato.
SISTEMA IMMUNITARIO - Alla base del fenomeno c’è certamente il contatto precoce del sistema immunitario con gli agenti infettivi che circolano copiosamente fra i piccoli: i raffreddori, la febbre, la tosse e gli starnuti così ricorrenti durante i primi mesi di vita comunitaria hanno insomma un lato buono. E tuttavia, «sui meccanismi precisi di questa immunoregolazione indotta dall’esposizione alle infezioni c’è ancora ampio dibattito, e ipotesi anche molto lontane fra loro» spiega Giorgio Tamburlini, presidente del Centro per la salute del bambino di Trieste, commentando gli studi presentati a Glasgow sulla rivista Medico e bambino. Il dato che però emerge chiaramente è che quanto e più precoce è la frequenza tanto maggiori sono è i benefici.
DUBBI RISOLTI - Nel congresso britannico sono anche state fortemente ridimensionate le preoccupazioni che erano emerse in passato sul versante comportamentale. Le critiche agli asili d’infanzia, infatti, ancora oggi si basano soprattutto su uno studio statunitense che, a partire dagli anni Novanta, ha riscontrato nei bambini che vanno al nido maggiori difficoltà nella relazione con le madri e problemi di vario tipo, che si protraevano fino all’adolescenza. Una ricerca norvegese uscita quest’anno su Child Development, e condotta su 75mila bambini, non solo non ha trovato alcuna relazione di quel tipo, ma ha anche ha individuato alcuni errori fondamentali nel metodo seguito dagli americani, che ne avrebbero inficiato i risultati. Per contro, osserva Tamburlini: «Vi è un’importante messe di studi che hanno dimostrato benefici sullo sviluppo cognitivo e sociale».
ACCESSO DIFFICILE - Nonostante i vantaggi dei nidi, e i bisogni pressanti delle famiglie con figli piccoli, l’offerta di questo tipo di scuole in Italia copre solo il 10-20 per cento delle necessità e spesso le rette sono troppo alte. Conclude Tamburlini: «Sarebbe il caso che il nostro governo, le nostre Regioni e i Comuni impegnassero più risorse per questo fondamentale investimento. Provate a pensare cosa succederebbe se venisse prodotto un vaccino che allo stesso tempo sia capace di migliorare lo sviluppo cognitivo e sociale e di ridurre del 30-40 per cento le patologie più gravi del bambino: quale amministrazione nazionale o regionale si arrischierebbe a non renderlo disponibile? Ebbene, questo “vaccino” esiste. E si chiama nido».

martedì 19 novembre 2013

15 consigli per potenziare la creatività dei bimbi


di
 Concetta Desando

La creatività è certamente un dono che alcuni hanno e altri no. Ma si può sviluppare: basta che i genitori sappiano come fare. La sofrologa e psicoterapeuta francese Michèle Freud dà 15 consigli per fare in modo che papà e mamma aiutino il loro piccolo in questo senso: basta poco per consentire ai bambini di liberare tutte le loro potenzialità creative.

1. Dategli libertà totale

“Per sviluppare la creatività del bambino – consiglia la specialista – lasciategli utilizzare tutte le forme espressive a sua disposizione: colori, scrittura, disegno, danza, sport, giardinaggio, poesia, teatro, pasta di sale, costruzioni...”.

2. Incoraggiate la sua espressione personale

Il bambino, spiega Michèle Freud, deve avere un ruolo attivo. Proponetegli tutte le attività che volete, ma non imponetegli i vostri gusti o le vostre passioni. “La creatività – sottolinea – è legata all’iniziativa”.

3. Non giudicate la qualità dei suoi prodotti

“Creare – avverte la psicoterapeuta - non è riprodurre l’esistente. Non è realizzare ‘una bella immagine’ ma piuttosto realizzare ‘a sua immagine’”.

4. Aiutate la sua sensibilità emozionale

La paura è nemica della creatività, dice la Freud. E quindi è necessario “insegnare a vostro figlio a dare un nome alle sue emozioni, a superare i timori”. Un buon metodo per farlo è attraverso le favole, dove l’eroe esprime le proprie paure e poi le supera. Mentre i più grandicelli vanno aiutati a verbalizzare i propri sentimenti.
5. Aiutatelo a sviluppare i suoi sensi
“Per sviluppare la propria creatività e intelligenza – raccomanda l’esperta – i bambini hanno bisogno di esperienze varie e legate ai sensi. Che in loro sono acutissimi, perché sono nell’età della scoperta”. Quindi proponetegli di sperimentare tutto ciò che è possibile: odori, colori, sapori… tutto fa esperienza.

6. Lasciate libero corso alla sua inventiva

I bambini, secondo la psicoterapeuta, non dovrebbero essere “confinati” in luoghi ultra-sicuri con oggetti studiati appositamente per loro. Perché “la conoscenza si nutre di tutto tranne che di monotonia. Ed essere creativi significa poter utilizzare un gioco anche in un modo per il quale non è stato progettato”.

7. Rimpiazzate i “giochi educativi” con giocattoli “veri”

I cosiddetti “giochi educativi”, secondo la Freud, “non lasciano spazio all’individualità del bambino, non gli lasciano decidere come giocare”.

8. Non snobbate le attività artistiche

Lo spirito va nutrito quanto il corpo, e l’arte è un alimento per la creatività. Quindi i musei sono utili quanto i parchi. Fategli conoscere scultura, pittura, fotografia… poi starà a lui scegliere a cosa ispirarsi.

9. Consentitegli di essere originale

“La creatività è la possibilità di sviluppare una personalità originale”, sostiene la studiosa. Quindi se al bambino piace mettere calze di colore diverso, o se vuole mettere gli stivali in gomma d’estate, lasciatelo fare.

10. Rispettate il suo pensiero divergente

Durante i primi anni, i bambini vivono in un mondo in cui realtà e finzione si mescolano. “Sono capaci di fluidità e di cambiamenti d’idea repentini, e vogliono una cosa e il suo contrario. È ciò che viene chiamato ‘pensiero divergente’. Noi genitori abbiamo perso questa dimensione fantastica, e confidiamo troppo nel pensiero unico, stereotipato. Quindi se gli chiedete ‘ di che colore è?’ e vi risponde ‘come un morso di sole’ invece di ‘giallo’, non biasimatelo: anzi, complimentatevi”.

11. Accompagnate il suo interesse per la natura

Tra i 4 e i 7 anni i bambini si interessano e si appassionano alla natura. Fategli coltivare una piantina, lasciategli osservare gli animali. E aiutatelo a elaborare la storia delle bestiole: come vivono? Cosa fanno nel bosco? La natura è creativa di per sé…

12. Cucinate insieme

Trasformare farina, latte, zucchero e uova in una torta è creatività. “Quando potete – consiglia dunque Michèle Freud – lasciate che il bambino inventi le proprie ricette, mischi ingredienti di sua scelta, aggiunga i suoi aromi”.

13. Stimolate la sua immaginazione

La fiaba della buona notte può essere un momento propizio per la creatività: chiedete al vostro bambino di raccontarvi lui una storia. O cercate insieme un altro finale per una favola nota.

14. Nutrite la sua sensibilità musicale

Fategli ascoltare melodie, suoni, e chiedetegli a cosa lo fanno pensare. Magari, fateglielo disegnare.

15. Favorite il suo spirito da costruttore

Tutti i giochi di costruzioni gli permettono di creare oggetti e forme, di fabbricare oggetti immaginari e animali mitologici. E sviluppano la creatività. “Non chiedetegli di riprodurre un modello – è l’ultimo consiglio della sofrologa – ma lasciatelo libero di inventare”.

sabato 16 novembre 2013

Apprendimento precoce: imparare da piccoli è più facile!


Oggigiorno, genitori ed educatori osservano con orgoglio e meraviglia bambini che ancora non sanno parlare né camminare ma distinguono con abilità e sicurezza il telecomando della televisione da quello del condizionatore e accendono rapidamente pc e cellulari, individuando senza problemi il tasto giusto da premere (i cosiddetti nativi digitali).
Siamo di fronte a piccoli geni? I bambini - anche quelli molto piccoli - sono “bombardati” da informazioni e stimoli provenienti dalla realtà che li circonda e ripetono semplicemente le azioni che vedono fare agli adulti. Sono come spugne e apprendono continuamente, a prescindere da un nostro reale intento educativo, e per questo è importante fornire loro gli stimoli giusti.
primi anni di vita sono fondamentali per l’apprendimento ed è un grosso errore pensare che un neonato non capisca “perché è piccolo”, dato che in realtà già possiede un potenziale inimmaginabile e un’eccezionale capacità di comprensione e assimilazione. Non bisogna dimenticare che l’intelligenza è anche frutto delle opportunità fornite e degli stimoli provenienti dall’ambiente circostante e che il cervello “cresce con l’uso”. A chi ritiene che imparare in tenera età possa rappresentare uno sforzo eccessivo e che possa rubare qualcosa all’infanzia, gli studiosi ribattono che per i bambini imparare è l’attività più bella, inconsapevole e allo stesso tempo naturale che ci sia.
Sono avidi e desiderosi di conoscere, attratti dalle novità e pieni di soddisfazione e gioia quando mostrano i loro progressi. Siamo noi adulti che, col tempo e con il nostro atteggiamento, li portiamo a convincersi che studiare sia solo un noioso e duro lavoro.

Come si può stimolare l'intelligenza del proprio figlio?

Ovviamente, non si può salire in cattedra e dare lezioni nel modo “classico” e il genitore non deve caricare il bambino di apprensioni e aspettative eccessive, né di ambizioni personali. Lo scopo dell’apprendimento precoce non è diventare il primo della classe, ma avere l’occasione di trasformare le proprie potenzialità in saperi e abilità. Il punto di partenza è il risultato scientifico secondo cui dopo i due-tre anni imparare a leggere, a parlare una lingua straniera o a fare i conti diventa sempre più difficile e ciò significa che, paradossalmente, quando il bambino a sei anni inizia ufficialmente il suo percorso di studi, l’immensa capacità di apprendimento di cui è stato dotato alla nascita già sta iniziando a decrescere.
Per quanto riguarda la lettura, è importante favorire un piacevole incontro tra il libro e il bambino fin dai primi mesi di vita. Questo non solo favorirà l’acquisizione delle competenze necessarie ad apprendere come leggere e scrivere, ma aiuterà anche a creare un momento speciale da poter condividere con mamma e papà.
All’inizio il bambino parteciperà alla lettura solo tentando di mordicchiare le pagine o di appropriarsi del libro, ma poi pian piano inizierà ad osservare le figure e a sentire attraverso il tatto i diversi materiali di cui sono fatti i libri gioco studiati proprio per i più piccoli. Pagine cartonate, di stoffa o di legno, rumori e fruscii provenienti dai fogli, finestrelle che si aprono e permettono di animare la lettura… I primi libri permettono una lettura multisensoriale. Il bambino si appassionerà al ritmo delle storie che ascolterà e imparerà a leggere le figure e poi le parole ad esse associate in modo quasi naturale, riconoscendo azioni e oggetti a lui familiari e imparando a conoscerne altri. 

piccoli geniAnche le lingue s’imparano con molta più facilità e con più successo in età prescolare e, oltre a canzoncine, filastrocche, giochi e cartoni animati multilingue, si stanno moltiplicando i corsi di lingua straniera per mamme e bambini. L’orecchio dei più piccoli è molto più attento e la loro mente molto più aperta e plasmabile, ciò permette di imparare la pronuncia e l’intonazione giusta, capacità che si riduce crescendo.

Per quanto riguarda la matematica poi, imparare i numeri giocando è davvero facile e divertente. Si può farlo giocando a carte, ma anche contando insieme il numero di pezzetti di mela nel piatto, i pastelli colorati sul tavolo o i giochi da mettere nella cesta. In definitiva i numeri sono dappertutto, basta insegnare ad associarli agli oggetti reali, perché è più facile del contare in modo astratto.
L’importante è che per il bambino tutto sia un gioco e che, pertanto, si rispettino i suoi tempi, le sue predisposizioni e i suoi bisogni, interrompendo la “lezione” prima che si annoi. Insegnare deve essere un divertimento innanzitutto per l’adulto, che, prima che veri e propri contenuti didattici, deve trasmettere con gioia l’amore per la conoscenza e stimolare la curiosità.
Una valida forma d’insegnamento può essere anche descrivere ciò che si fa o passeggiare nel parco e illustrare il nome di fiori e animali. Basta parlare con calma e chiarezza e ripetere i nomi di oggetti e azioni, in modo che possano essere memorizzati, dando poi la possibilità al bambino di fare esperienza concreta di quanto imparato.
Anche se la tecnologia aiuta e può rappresentare un valido supporto allo studio, è importante ricordare che dare gli stimoli giusti al bambino non deve significare solo fornire loro cellulari e computer supertecnologici, anche se ideati apposta per lui. Non bisogna far perdere il contatto con la realtà e il gusto della fatica che c’è dietro la scoperta di un prato verde o di un cielo azzurro… toccato con mano e non con un semplice click del mouse.

giovedì 14 novembre 2013

Genitori che avventura! Intervista a Sofia Mattessich (terza parte)

Continua l'intervista a Sofia Mattessich, autrice del libro "Genitori che avventura! Principi  pratici per educare i figli" edito da San Paolo, di cui trovate qui la prima e qui la seconda parte.

E' importante osservare il comportamento dei figli: può farci qualche esempio di come e cosa osservare e che cosa dedurre?

Per conoscere i nostri figli, occorre dialogare con loro e osservarne il comportamento; teniamo presente che i bambini usano molto di più le azioni che le parole per esprimere i loro sentimenti. 

Per riuscire a osservare il comportamento di nostro figlio e a dedurne qualcosa, occorre prima di tutto prestare attenzione e in secondo luogo riflettere.
Per esempio, se una sera fatichiamo molto più del solito a mandare a letto il nostro bambino, pensiamo a che cosa può aver causato preoccupazione o sovraeccitazione, ricordando quel che è successo oggi o che è in programma domani (abbiamo avuto una discussione accesa con nostro marito/moglie? Domani il piccolo festeggia il compleanno invitando gli amichetti a casa?). E’ importante non lasciare nostro figlio da solo con le sue emozioni, ma aiutarlo prima di tutto a verbalizzarle, dando loro un nome e identificandone le cause; poi aiutiamolo a rielaborarle e gestirle in modo adeguato (dicendo per esempio: “qualche volta la mamma e il papà discutono su qualcosa, ma poi trovano un accordo”, “anche l’anno scorso eri emozionato prima della tua festa, poi ti ricordi che sono venuti Camilla e Francesco, avete giocato con il didò, hai soffiato le candeline e aperto i regali…”).

Oppure un bambino manifesta un comportamento oppositivo in una situazione in cui normalmente è conciliante, oppure si fa male ripetutamente o litiga più del solito con il fratellino; anche qui occorre riflettere sulle cause (può anche essere solo stanchezza, connessa all’attività svolta durante la giornata oppure per esempio allo sforzo nell’affrontare un cambiamento per lui impegnativo, come l’inizio della scuola o anche il trasferimento in una località per trascorrervi le vacanze).

Se osserviamo che il nostro bambino di fronte ai compiti nuovi si scoraggia alla prima difficoltà, può darsi che abbia troppa poca fiducia in se stesso e che sia necessario fargliene acquisire di più, per esempio facendogli notare di volta in volta come ha imparato a svolgere bene una qualche attività che prima non sapeva fare.

Gli esempi potrebbero continuare all’infinito; le parole-chiave per noi genitori sono “attenzione” e “riflessione”.

"I no che aiutano a crescere": forse oggi per i genitori è la parte più difficile. Può rassicurare mamme e papà dei più piccoli dando qualche consiglio su come sia utile e possibile dire di no ai figli?

Lo stile educativo più diffuso un tempo era di tipo autoritario: i genitori facevano attenzione soprattutto a controllare il comportamento attraverso regole rigide e divieti, senza dare molte spiegazioni e coltivando poco la dimensione degli affetti. 

Oggi, nonostante il proliferare di testi divulgativi del tipo “Se mi vuoi bene, dimmi di no”, è molto diffuso uno stile permissivo, in cui ai figli si impone poco il rispetto di regole e limiti, un po’ per stanchezza (dire di no richiede spesso più energia) e un po’ perché i genitori desiderano vedere i propri figli contenti e non si rendono conto che così facendo non li renderanno felici, ma fragili. Infatti, i bambini hanno bisogno di regole (il più possibile coerenti) e di un adulto forte che sappia contenere i loro desideri, impulsi ed emozioni, che funga da guida sicura e da argine; solo così possono crescere sicuri e imparare col tempo ad autoregolarsi, finché sapranno un giorno dirsi da soli: “Ora non posso giocare, perché prima devo fare i compiti”. 

Inoltre, l’esperienza della frustrazione costituisce per i piccoli un’opportunità essenziale di imparare ad affrontare le difficoltà e di rafforzarsi; senza di essa, i nostri adolescenti andranno in crisi di fronte alle prime avversità.
La famiglia di oggi rispetto a quella di un tempo ha il grande pregio di essere un luogo caloroso, in cui si comunicano affetti. Non è auspicabile il ritorno al vecchio autoritarismo, bensì l’adozione di uno stile educativo autorevole, in cui i genitori oltre al calore dell’affetto comunichino regole chiare e coerenti e ne pretendano l’osservanza in modo fermo, stabilendo limiti e non soddisfando prontamente tutti i desideri dei figli. I bambini educati con questo stile mediamente hanno più fiducia in se stessi, sono più autonomi, responsabili e più abili nei rapporti sociali.

Quando noi genitori diciamo “no” a un desiderio di nostro figlio, dobbiamo osservare tre passi: 
1) esprimere comprensione per il suo desiderio e i suoi sentimenti;  
2) mostrargli però le esigenze della realtà; 
3) dargli sostegno e valorizzarlo. 
Per esempio, potremmo dire: “(1) Capisco che vorresti restare qui al parco a giocare con i tuoi amici e che ti dispiace dover tornare a casa, ma (2) dobbiamo rientrare, perché devo preparare la cena; (3) [quando il bambino acconsente, seppur sbuffando] bravo, ero certa che avresti capito”. 
In questo modo il bambino non percepisce un genitore “cattivo” che proibisce e sgrida, ma un genitore che (1) lo capisce e (2) gli indica le esigenze della realtà che comportano anche frustrazioni – frustrazioni alle quali (3) egli è in grado di far fronte.

giovedì 7 novembre 2013

Genitori che avventura! Intervista a Sofia Mattessich (seconda parte)

Continua l'intervista a Sofia Mattessich, autrice del libro "Genitori che avventura! Principi pratici per educare i figli" edito da San Paolo, di cui trovate qui la prima parte.

Quali suggerimenti può dare a una mamma e un papà che desiderano coltivare di più la relazione con i propri bambini, dalla nascita via via fino ai cinque anni?

Suggerisco: coccole, parole, giochi, apprendimento. Ai papà suggerisco anche di partecipare fin dall’inizio ai compiti di accudimento, come ormai sempre più spesso succede.

COCCOLE. Fin dalla nascita, il bambino ha bisogno non solo di contatto fisico, ma anche di coccole. I gesti con cui tocchiamo il piccolo e le parole che gli rivolgiamo devono esprimere la tenerezza e l’affetto che proviamo per lui; se noi genitori esprimiamo questi sentimenti anche all’interno della coppia, è più facile che essi circolino poi in tutta la famiglia.

PAROLE. Non è mai troppo presto per parlare con un bambino. I neonati apprezzano il suono della nostra voce, che ha su di loro un effetto calmante; spieghiamo dunque loro che gli stiamo per cambiare il pannolino, che gli mettiamo il golfino, ecc. Man mano che i bimbi crescono, continuiamo a parlare con loro (non “a loro”) adeguando i discorsi all’età e mostrandoci sinceramente interessati a ciò che raccontano.

GIOCHI. Per un bambino, i momenti trascorsi a giocare con un adulto amorevole andranno a costituire nella sua memoria un patrimonio indelebile di emozioni positive. Adattiamo il tipo di gioco all’età di nostro figlio (quando è ancora molto piccolo, stiamo attenti a non sovrastimolarlo e a mantenere un ritmo lento); osserviamone le preferenze e assecondiamole, tenendo presente che possono variare in base al livello di stanchezza e all’umore, esattamente come per noi. 

APPRENDIMENTO. Il bambino ha sete di apprendere e noi siamo il suo punto di riferimento: a noi chiede il nome e la funzione di ogni cosa, dalle nostre reazioni (oltre che dalle nostre parole) impara quali situazioni e quali persone sono “buone” e quali invece devono destare preoccupazione. Condividere con il piccolo le nostre conoscenze (anche leggendo libri e raccontando storie) e insegnargli le nostre abilità, svolgendo qualche attività insieme (per esempio: stendere i panni, innaffiare i fiori, lavare l’auto), è un ottimo modo per approfondire e consolidare la relazione, ricordando che fino ai 5-6 anni è bene che l’apprendimento non sia strutturato, ma che rimanga sul piano del gioco, e che non è importante la quantità di nozioni e abilità che riusciamo a insegnare, ma la curiosità e la passione che riusciamo ad accendere. Cerchiamo di proporre al bambino conoscenze e attività calibrate sulle sue capacità, in modo che sviluppi la fiducia in se stesso e si senta in gamba.

Lei suggerisce di mettersi nei panni del bambino per capire il suo punto di vista: come possono fare i genitori?

Prima di tutto, noi genitori dobbiamo pensare all’emozione che il piccolo sta provando in un dato momento; fino ai 5 anni, le risposte emotive dei bambini sono molto semplici, riferibili alle cosiddette “emozioni di base”: rabbia, paura, sorpresa, gioia, tristezza, gelosia, imbarazzo. 
Poi dobbiamo identificarne le cause, che in genere a quell’età sono legate al presente: a quel che è successo appena prima o a quel che il bambino si aspetta succeda subito dopo. In questo modo, ci siamo sintonizzati sullo stato interno di nostro figlio e possiamo insegnargli a verbalizzare le sue emozioni e a esprimerle con parole e comportamenti adeguati. Per esempio, invece di limitarci a sgridarlo perché ha dato uno spintone al fratellino, possiamo dirgli: “capisco che sei arrabbiato perché Dario ti ha preso l’automobilina con cui stavi giocando tu, ma non si danno gli spintoni; puoi dirgli ‘ridammi l’automobilina che ci stavo giocando io, prendi quest’altro giocattolo’”.

Ricordiamo che la capacità di riconoscere e gestire le proprie emozioni non è innata, ma si deve apprendere; se non insegniamo al bambino a riconoscere che sta provando rabbia e che cosa l’ha causata, lui sarà consapevole soltanto del fatto che gli viene da dare uno spintone al fratellino: bisogna spiegargli che la rabbia è giustificata, ma che va espressa in un altro modo; se ci limitiamo a condannare lo spintone, il bambino capirà che il suo impulso a spingere è sbagliato (mentre è normale) e non sarà affatto facile per lui imparare da solo come gestirlo la prossima volta che lo sentirà.

Cerchiamo, inoltre,  di tenere presente i limiti cognitivi e di giudizio morale di un bambino piccolo. A partire dai due anni, il bambino ha bisogno di separarsi da noi genitori e, proprio come un adolescente, raggiunge quest’obiettivo anche attraverso l’opposizione; ma gli strumenti disponibili a quest’età per opporsi sono ancora rudimentali: per esempio, possono consistere semplicemente nel fare il contrario di quello che diciamo noi, apparentemente per il solo gusto di provocarci; quando perdiamo comprensibilmente le staffe, ricordiamo qual è la motivazione del bambino (crescere, separandosi da noi) e quali i suoi limiti cognitivi. Per quanto riguarda la capacità di giudizio morale, non stupiamoci per esempio se un bambino di tre anni appare dispiaciutissimo perché ha rotto qualcosa inciampando per errore, ma non sembra sentirsi in colpa per avere dato volontariamente un forte spintone al fratellino che per fortuna non si è fatto niente; i piccoli sono molto concreti e giudicano la bontà di un’azione in base alle sue conseguenze, non all’intenzione. 
Ricordiamoci anche che un bambino di quest’età non attribuisce ai gesti significati mediati culturalmente che a noi possono apparire scontati; per esempio, considera sputare un gioco divertente che lui sa essere disapprovato dai genitori, magari perché poi costoro devono pulire, ma non lo considera certamente un gesto di disprezzo.

(continua)

martedì 5 novembre 2013

Capricci dei bambini, come capirli

sabato 2 novembre 2013

I primi dentini

Può anche capitare che il primo dentino non spunti prima dei 12 mesi. Spesso i genitori si preoccupano, perché associano il ritardo dell’eruzione al manifestarsi di qualche malattia o alla carenza di qualche sostanza nutritiva. “In realtà tale preoccupazione non è fondata, perché ogni bambino presenta una propria tipologia di crescita, quindi ci sono bambini i cui denti da latte erompono a 4 mesi e altri in cui i dentini spuntano solo verso i 10 mesi” osserva Angela Galeotti, Responsabile di Odontostomatologia dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma. “Solo se il primo dentino non spunta intorno al 1° anno di vita è consigliabile consultare un dentista pediatrico”.
La mamma si rende conto dell’ eruzione di un dentino perché appaiono uno o più puntini bianchi in corrispondenza della gengiva e la stessa appare frammentata, arrossata e abbastanza gonfia. Si può notare anche arrossamento della guancia all’interno, una possibile infiammazione gengivale e talvolta anche un arrossamento del collo e del mento. Il bambino inoltre può essere un po’ infastidito dalla presenza del nuovo dentino, e potrebbe manifestarlo con pianto, irrequietezza e difficoltà a prendere sonno; tende inoltre a sbavare di più per l'aumentata secrezione di saliva. Sono sintomi passeggeri, che però potrebbero rendere inappetente il bambino, per cui è consigliabile evitare pasti eccessivamente caldi.
L’inizio dell’eruzione dei denti da latte è molto spesso associata a disturbi di vario tipo, come febbre, rush cutanei, diarrea, convulsioni, bronchiti. “In realtà si tratta di credenze comuni, che però non risultano avere fondamento scientifico” evidenzia la dott.ssa Galeotti. “L’eventuale concomitanza con la febbre o altri malesseri sarà dovuta ad un indebolimento generale che predispone al contagio di qualche virus. Si può invece ritenere che l’ipersalivazione porti ad ammorbidire le feci con sporadici episodi di diarrea”.
Per alleviare il fastidio dovuto all'eruzione dei denti da latte e soprattutto alla tendenza frenetica di mordicchiaresi possono utilizzare giocattoli in gomma ruvida contenenti liquido refrigerante da tenere in frigo o in freezer (e che vanno comunque rimessi in frigo ogni ora). Il bambino, mordicchiando questo giocattolo, riuscirà ad ottenere un’azione anestetica dovuta al freddo, e un massaggio esercitato dalla superficie ruvida; esistono anche biscotti duri appositamente studiati che favoriscono il massaggio gengivale. Sono tutti rimedi finalizzati a distrarre il bambino dal fastidio percepito, ma in questo senso anche le coccole della mamma hanno un efficace effetto anestetizzante!
Vi sono anche pomate specifiche a base di sostanze naturali, come il timo, la calendula, la malva e la camomilla, che, applicate ogni tre ore circa, hanno proprietà calmanti e lenitive. Da evitare invece le pomate a base di miele per il loro basso livello di efficacia e l’alto potenziale di predisposizione alle carie.
Una volta che il primo dentino da latte è spuntato, deve essere pulito con acqua e una garzina due volte al giorno. Quando iniziano ad erompere più denti, si potrà utilizzare uno spazzolino dalle setole morbide e dalla testa molto piccola e solo con acqua, con un movimento rotatorio. Solo dopo i 16/18 mesi si possono ‘sporcare’ le setole con una minima quantità di dentifricio.