mercoledì 26 marzo 2014

La lavanda e le sue proprietà terapeutiche

La lavanda è una pianta con una base legnosa bruna e senza foglie da cui si sviluppano numerosi fusti erbacei, alti fino a 70 cm. I fiori sono riuniti in verticilli di colore bluastro che nel loro insieme formano una specie di spiga e si raccolgono all’inizio della fioritura in giugno-luglio. Cresce in terreni asciutti, esposti al sole e con un buon contenuto di calcare, ed è abbondantemente coltivata in Provenza.
Oltre ad essere amata per le sue proprietà rinfrescanti e profumanti, Plinio il Vecchio la descrive come una delle erbe curative piu utilizzate dell’epoca del Medioevo. Fin dai tempi antichi, l’olio essenziale di lavanda è stato considerato tra i piu versatili ed utili sia per gli adulti che per i bambini, per malattie e per casi di emergenza.

Il colore stesso della Lavanda è considerato il colore del silenzio, della calma e della tranquillità. E’ il colore della contemplazione e della spiritualità.

Questa pianta è particolarmente indicata per i bambini iperattivi o che dormono male. In questo caso, risulta molto efficace mettere alcune gocce d’essenza di lavanda sul cuscino del letto o su un fazzoletto posto vicino al viso del bambino.

E’ digestiva, in quanto esercita un’azione antispastica sul condotto digestivo. E’ antireumatica e antinfiammatoria: applicati esternamente, l’acqua, l’olio e l’essenza di lavanda sono molto efficaci per calmare i dolori reumatici, sia di origine muscolare che articolare, come i dolori artrosici del collo o della schiena. Infine è antisettica e cicatrizzante sulle ferite ed ha un effetto balsamico per la cura di laringiti, tracheiti e raffreddori.

venerdì 21 marzo 2014

Per le giovani mamme: giovedì pomeriggio a tema in Aurora


La Scuola Aurora – Asilo nido e Scuola dell’Infanzia-  in occasione degli Open Day del giovedì pomeriggio dalle 16.00 alle 18.00, ha organizzato un ciclo di incontri a tema tenuti da esperti pediatri, pedagogisti, ostetriche, psicologi…

Si tratta di una doppia opportunità per i genitori:
ricevere informazioni e consigli condividendo esperienze con altri genitori
visitare una scuola dell’infanzia e un nido di eccellenza.

I primi  due incontri  programmati saranno tenuti dalla Dott. Maria Colombo Zanvit, pediatra:
giovedì 27 marzo: "Le più comuni malattie infettive"
giovedì 10 aprile: "La febbre  nel neonato e nel bambino"




martedì 18 marzo 2014

L'importanza della psicomotricità, la prima forma di sport adatta ai bambini più piccoli


di Lina Rossi

Lo sport per i più piccoli deve essere sinonimo di divertimento e non rigide regole difficili da comprendere. Per questo motivo ai bambini viene proposta come attività la psicomotricità: una via di mezzo tra lo sport e il gioco.
L’attività fisica deve rispondere al bisogno di divertimento oltre a migliorare la coordinazione motoria e regalare benessere. Questo assunto vale a ogni età, ma soprattutto quando si è piccoli, nei primi anni di vita i bambini hanno il diritto di muoversi in libertà per crescere sereni. Inutile, quindi, proporre una attività fisica strutturata a tre – quattro anni di età. Il piccolo si annoia non riuscendo a comprendere le giuste motivazioni e conseguentemente non è in grado di seguire le regole. D’altra parte, i mesi invernali sono lunghi e le giornate di pioggia frequenti. È quindi impensabile riuscire a trovare spesso quell’oretta necessaria ai nostri piccoli per fare moto, per correre e giocare liberamente ai giardini. E’ possibile allora proporre qualche esercizio di psicomotricità. Questa attività fisica riesce spesso a essere proposta anche alla scuola dell’infanzia, come programma di integrazione alle altre attività. I genitori stessi possono però prendere l’iniziativa di iscrivere il bimbo a un corso di psicomotricità: ne esistono molti. L’importante è affidarsi sempre a un centro qualificato.
Uno spazio per muoversi e giocare
L’obiettivo della psicomotricità è sostenere il bambino nel suo sviluppo psicofisico. Solitamente l’attività si svolge in gruppo, in uno spazio attrezzato come quello di una palestra o uno spazio ampio e sicuro. Gli ambienti debbono essere dotati di materiali semplici alfine di stimolare il gioco e la creatività del bambino permettendo la liberazione dell’energia e della capacità immaginativa. Possono essere presenti grandi cuscini, morbidi materassi in forme diverse e divertenti, palloni, cerchi e materiali per travestimenti come cappelli, mantelli. Tra gli altri materiali a disposizione dovrebbero essere previsti: la plastilina, il cartoncino, le matite colorate, i mattoncini per costruzioni e molto altro ancora per stimolare la manipolazione. Il bambino ha insomma a disposizione tutto quello che gli può servire per dare libero sfogo alla sua energia fisica, mentale e psicologica. L’obiettivo è aiutare il piccolo ad avere una maggiore consapevolezza del propria fisicità e della capacità di muoversi all’interno dello spazio.
Si deve liberare la propria creatività
L’insegnante, ossia lo psicomotrista, all’interno di questo contesto ludico e rassicurante instaura un rapporto empatico con il bambino, senza insegnare o correggere, ma semplicemente accogliendone l’individualità durante lo svolgimento degli esercizi-gioco. Al bambino viene infatti proposto di saltare all’interno di cerchi, giocare con i palloni, muoversi al ritmo di una musica o di un ritmo improvvisando i movimenti senza che gli venga insegnato nulla. Al piccolo può anche essere chiesto di ascoltare una fiaba e poi di riproporla con il disegno o con gli altri materiali messi a disposizione. Il bambino attraverso il movimento, la condivisione degli spazi e degli strumenti ludici con gli altri bimbi, cresce poco per volta creando la propria identità e in uno sviluppo armonico della personalità che mira ad acquisire scioltezza di tipo logico, espressivo e concettuale. Il bambino che segue un percorso di psicomotricità impara a capirsi e ad accettare se stesso e gli altri, acquistare fiducia nelle proprie capacità, vivere con serenità l’apprendimento, collaborare e condividere gli altri strumenti e modalità. I benefici sono visibili anche a livello cognitivo generale.
Anche per i disturbi del linguaggio
La psicomotricità è un metodo adatto anche ai bambini di tre – quattro anni con problemi di linguaggio. Viene infatti, favorita una maggiore coordinazione dei movimenti e, indirettamente, delle emozioni e del linguaggio. Il trattamento è condotto da un terapista esperto in neuro-psicomotricità e si svolge in un contesto di gioco. Il metodo è efficace anche quando la balbuzie è associata ad altri problemi come disturbi dell’attenzione e iperattività, eccessiva timidezza e così via. Il programma dura alcuni mesi e può essere ripetuto anche più di una volta, se il bimbo manifesta ancora qualche difetto del linguaggio.

giovedì 13 marzo 2014

Mamusca, un punto di riferimento per mamme e bambini


Il nome - un affettuoso neologismo che richiama la matrioska russa, simbolo di prosperità e dolcezza - racchiude il senso di un 
progetto nato per offrire accoglienza e condivisione. Inaugurato a settembre, “Mamusca” è già un punto di riferimento per chi vuole trascorrere ore liete insieme ai propri bambini.


Libreria, Caffè, teatro di allegre merende, il locale aperto a Dergano è la conferma che anche Milano può sorprendere con simpatiche novità. Deus ex machina di questo luogo sono quattro donne: Romana (un passato da archivista a Grazia Neri) e Francesca (blogger) che si occupano del bar, Fiore e Antonella che da anni gestiscono la libreria Libri di Luna. 

Il bar ha un arredo divertente con pezzi di recupero rivisitati con fantasia, ma a colpire è soprattutto la zona pensata per i piccoli, con tavolini e seggioline, cucinetta di legno e tantissimi giochi. Non è l'unica sorpresa per i giovanissimi avventori. 

Diversa dal solito anche la merenda: bandite quelle confezionate, qui si assaggiano delizie di stagione, come le tortine di zucca o di lenticchie e cioccolato preparate dal forno della cooperativa «A tutto aromi». «Puntiamo su genuinità e semplicità: da noi si può chiedere anche un bicchiere di latte con una fetta di pane con la marmellata», sottolinea Francesca Rendano. 

Un'intera parete è dedicata ai libri: cartonati, volumi dalle grandi e magiche illustrazioni, pagine e pagine di storie e avventura scelti con cura, senza dimenticare le mamme e i papà, ai quali si offre una selezione di titoli sull'educazione e le ultime novità. 

Mamusca è anche un centro per giochi e socializzazione... fra una colazione, un laboratorio d’arte, un incontro sulla maternità, il tempo passa leggero regalando a tutti frammenti di serenità. 

martedì 11 marzo 2014

Paghetta si o paghetta no?


di Giorgia Andretti
È l’eterno dilemma dei genitori. Alcuni elargiscono ai propri figli una cifra settimanale o mensile, altri ritengono che non sia necessaria, visto che bambini e ragazzi, oggi, hanno davvero tutto quello che desiderano e quindi non occorre fornire altro denaro. In realtà, concedere una quota ai propri figli di tanto in tanto significa renderli consapevoli del valore del denaro. Se i bambini spendono subito quello che deve bastare loro per un mese, una volta rimasti senza soldi si renderanno conto di non essere stati abbastanza oculati e, per quanto piccoli, la volta successiva staranno più attenti.
Ovviamente va spiegato il perché dei soldini, infatti, non devono essere considerati come un regalo ma una ricompensa per i piccoli servizi che il bambino dovrà iniziare a fare. E’ ovvio, tutto dovrà essere rapportato all’età. Tra i servizi messi in elenco possiamo inserire: fare in autonomia i compiti per casa, apparecchiare la tavola per la cena, tenere in ordine la propria stanza. Regaliamogli un bel portafogli e un salvadanaio: nel primo potrà tenere gli spiccioli per i piccoli sfizi di tutti i giorni – il gelato o il pacchetto di figurine, nel secondo potrà inserire i soldini risparmiati e quindi non spesi. In questo modo, se sarà abbastanza attento e non esagererà in spese inutili, mese dopo mese vedrà crescere il suo piccolo tesoro e potrà comprare,con le sue sole ed uniche risorse, qualcosa di bello e di importante, come un pallone da calcio o un paio di scarpe tanto desiderate.
Mai iniziare troppo presto
Per quanto riguarda la quantità di denaro da concedere a un bambino, un punto di partenza giusto è l’età. La paghetta può essere elargita a partire dalla terza elementare, meglio ancora dalla quarta. Prima di allora, dare dei soldi in mano a un bambino è controproducente e perfino inutile. Prima di tutto un bambino troppo piccolo potrebbe perdere il denaro, oppure regalarlo senza capirne il valore o semplicemente lasciarselo portare via da qualche amichetto, spesso anch’egli inconsapevole. Inoltre, non sapendo destreggiarsi ancora bene nei calcoli, non riuscirebbe a capire il valore del denaro, a fare somme e sottrazioni per avere il resto e qualche negoziante privo di scrupoli e di etica potrebbe approfittarsene, o semplicemente sbagliarsi perché poco attento. Oltretutto, il sistema di numerazione con l’euro e i centesimi non è semplicissimo, nemmeno per i più grandicelli. Dovremo essere pazienti e non arrabbiarci se, per le prime volte, nostro figlio smarrirà il denaro: ovviamente, se succederà più di una volta, vorrà dire che dovremo aspettare ancora qualche mese prima di iniziare il rito della paghetta.
La cifra giusta per ogni età
Quanto si deve concedere a un ragazzino? Possiamo partire dall’età di nostro figlio: a nove anni avrà 9 euro, a dieci anni 10 euro e così via…. Saremo noi a stabilire la frequenza della paga, anche in base ai regali che il piccolo riceve, per esempio, dai nonni o dagli zii. La paghetta, però, più che disporre di una somma di euri per acquistare qualcosa, deve avere un valore simbolico: deve essere il giusto riconoscimento per aver svolto bene il proprio lavoro. Dobbiamo fare molta attenzione e gestire la paghetta con intelligenza: nostro figlio, infatti, non dovrà mai pensare che l’obiettivo della paghetta è quello di dare dei buoni risultati a scuola. A scuola ci si deve impegnare per eccellere, per dare il meglio di sé, per imparare il piacere dello studio e fare maturare le ambizioni. Un po’ come succede per mamma e papà sul lavoro: oltre alle soddisfazioni personali, al piacere di essere creativi e alla crescita professionale, a fine mese hanno lo stipendio che può dipendere anche da quanto si sono impegnati. Lo stesso può valere, in scala ridotta, per i nostri bambini.

venerdì 7 marzo 2014

Un mondo di carta


Quando si considerano le attività espressive, spesso non si pensa al supporto di uno dei materiali più banali: la carta. Essa in tutta la sua semplicità diviene un mezzo comunicativo proprio per il suo potenziale in divenire: un pezzo di carta può diventare qualsiasi cosa. La carta si strappa, si sventola, si fa volare, si appallottola, si accarezza. Una striscia di carta colorata può diventare un copricapo alla indiana, un pezzo di carta ondulata può essere suonata grattandolo, attraverso la carta da imballaggio si vede un mondo a pois.

Per non parlare delle esperienze sensoriali: c'è carta liscia, carta ruvida, carta morbida, carta dura, carta colorata, carta splendente, carta fredda, carta fragile, carta resistente. Ed infine penso al significato psicologico che un pezzo di carta può evocare: ci si sente protetti a rotolarsi e a nascondersi in un tappeto di carta di ogni tipo.

Offrire ai bambini un cestino pieno di pezzi di carta di ogni tipo può essere un buon modo per dare via a un’esplorazione che può divenire pian piano più strutturata; magari per poi terminare con la costruzione di un libretto- campionario. I bambini possono manipolare la carta liberamente, anche nella stanza della motricità; possono strapparla o tagliarla; possono incollarla su dei fogli o su un grande cartellone unico per dare un compimento alla loro esperienza; si può lavorare sulla sensorialità creando pannelli o libricini tattili.

E’un’attività a tutto tondo che interessa i bambini di ogni età e che non implica particolari capacità. La carta è un materiale conosciuto, che non spaventa, e allo stesso tempo non è invasivo, non sporca. Riuscire a dare un valore diverso a un oggetto di uso comune prevede un esercizio di divergenza, cioè di vederlo da un altro punto di vista. Abituiamo i nostri bambini a questo atteggiamento perché oltre a renderli più creativi e fantasiosi, farà loro sviluppare un’attitudine al problem solving più immediata e naturale.

martedì 4 marzo 2014

Con i capricci si cresce?


Il capriccio non è un qualcosa di negativo, che fa paura e che bisogna cercare di fermare il prima possibile. Il capriccio è una protesta e sta all'adulto capirne le motivazioni per poi agire di conseguenza. 

Il problema è la quantità: troppi NO creano un clima di repressione; l'assenza di limiti è altrettanto deleteria, poichè il bambino diventa onnipotente, può fare quello che vuole e nel momento in cui gli viene negato qualcosa, è incapace di gestire l'ansia e la frustrazione. Il genitore ha un compito difficile: fa soffrire lasciare al nido il proprio bambino che piange, dispiace portarlo via dal negozio di giocattoli con il broncio senza comprargli un gioco che sarebbe costato pochi euro. Non agiamo assecondando le nostre emozioni e ragioniamo in maniera razionale: stiamo facendo qualcosa di utile per la sua crescita. Non è evitando la sofferenza che si educa il bambino a gestire le emozioni negative ed è proprio con la logica dell' "evitare", che svilupperà comportamenti inadeguati di fronte alla rabbia, alla gelosia, al conflitto. 

Avere dei limiti aiuta ad avere dei contenitori mentali, che rendono più tollerabili le situazioni di frustrazione. Al contrario, senza alcun divieto, si viene travolti dalle emozioni dolorose, senza riuscire a controllarle. L'esempio di Paolo Sarti, pediatra fiorentino e autore di molti libri a tema, come "Neonati maleducati" e "Facciamola finita", descrive molto bene i meccanismi che si innescano nel momento in cui l'adulto deve dare delle regole:

Di fronte ad un barattolo di Nutella un
genitore equilibrato farebbe assaggiare,
insegnando però a sapersi limitare, mangiandone
solo un po’, e subendo poi, senza
vacillare, le inevitabili proteste del bambino
che la vorrebbe finire tutta!
Ma il genitore di oggi “non ce la fa”, preferisce
nascondere la Nutella, prima che arrivi
il bambino: come potrebbe vederlo soffrire
quando arriverà il momento di dover
“chiudere il tappo”?
E’ questo il dramma: oggi si preferisce
nascondere il più a lungo possibile le
“nutelle” della vita ed evitare così ogni conflitto
con i figli ancora incapaci di dosarsi.

Educare i più piccoli a gestire le emozioni è importante per crescere adulti equilibrati e capaci di affrontare qualsiasi situazione la vita gli metta davanti.