di Franco Teruzzi
Il primo passo da compiere per capire meglio i
capricci e allo stesso tempo il più difficile, è essere dei buoni osservatori.
Osservare i propri figli, conoscerli giorno per giorno, mantenendo al contempo
un occhio critico, consente di imparare a valutare i loro comportamenti.
Capricci compresi.
I bambini sono piccole persone
Molte
mamme e papà fanno un errore fondamentale: si dimenticano che anche un bambino,
per quanto piccolo sia, è una persona. In miniatura, ma persona: con tutte le
complessità che la caratterizzano. E così, se un grande concede a se stesso e
agli altri adulti (magari con meno indulgenza), sbalzi umorali e capricci che
giustifica con stanchezza, stress e problemi vari, non ha senso pensare che i
bambini non possano averne a loro volta diritto.
Quale malessere o bisogno sta manifestando?
La
mente di un bambino risponde a dei bisogni diversi da quelli di un adulto, e lo
fa secondo processi mentali differenti. Ma è assolutamente sensibile agli
stimoli esterni, che peraltro, in molti casi gli risultano più complessi da
elaborare: una giustificazione in più al capriccio. Per esempio, per un
bambino, in misura maggiore tanto più è piccolo, è talvolta difficile
comprendere da solo i motivi di un malessere.
E ancora di più, è complicato esprimere le sensazioni
che prova e quello che sta passando per il suo cervello nei momenti di disagio.
Nei neonati, persino un banalissimo stimolo, come quello della fame, è
inesprimibile se non con un pianto. Ecco quindi che il “capriccio” o anche la
chiusura in se stessi rappresentano per loro il mezzo di comunicazione più
facile. A tal punto che in molti casi manifestazioni sbrigativamente catalogate
come capricci, in realtà non lo sono affatto.
“A partire da quando il bambino è piccolissimo,
l'esperienza del genitore porta alla sua conoscenza - spiega Paola Marchionne,
esperta psicopedagogista e consulente educativa -. Ad esempio, una neo mamma
impara nel giro di pochissimo a distinguere il tipo di pianto del neonato.
Piccole sfumature nel suono possono indicare esigenze diverse. Talvolta si
tratta di legittime richieste, come quella del cibo, il latte materno, o del
bisogno di attenzione, talaltra invece possono essere richieste meno
importanti, piccoli capricci che possono anche essere trascurati o fermati con
stratagemmi diversi per non assecondarli”.
I capricci rappresentano anche un test educativo
I
capricci rappresentano un test educativo sia per il figlio che per il genitore.
Si tratta di una manifestazione che a volte può essere davvero difficile da
gestire e che può mettere a dura prova sia la parte richiestiva del bambino,
che quella responsiva dell'adulto . “Per questo motivo, vanno a mio parere
inquadrati, sin da subito, nella generale ottica educativa” continua la
psicopedagogista. “La risposta che il genitore decide i dare ai capricci deve
essere uniformata al suo modo di fare educazione. Si tratta, in sostanza, di
una scelta educativa.”
“Ignorarli, non ignorarli, rispondere, cercare di
spiegare, sgridare: qualunque sia la scelta, in fondo non è altro che lo
specchio del modo in cui il genitore fa educazione. Prima ancora di capire qual
è la risposta giusta al capriccio, quindi, è bene che ogni genitore abbia ben
chiaro il modo in cui intende affrontare il percorso educativo con il proprio
figlio”.
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