martedì 27 maggio 2014

Bambini, i vantaggi del bilinguismo


Da corriere.it di Daniela Natali

Quando si parla di linguaggio, e relativo apprendimento, è facile che il discorso cada anche sui vantaggi dell’apprendimento di più lingue in tenera età. Un vantaggio scontato se si pensa all’inglese o al cinese. Ma gli esperti ci dicono che il vantaggio si ha anche se la lingua è poco parlata, o ritenuta “inutile”. E, allora, di che tipo di vantaggio si tratterebbe? 

Risponde Antonella Sorace, docente di linguistica e di linguistica “acquisizionale” all’Università di Edimburgo e direttore di Bilingualism Matters, centro di informazione sul bilinguismo dell’Università di Edimburgo con 9 filiali in Europa di cui 3 in Italia. «Crescere bilingui, o comunque apprendere una seconda lingua da bambini, significa imparare precocemente a “mettersi nei panni degli altri”, a vedere le cose da un prospettiva che non sia solo la nostra. E questo perché il bambino bilingue ogni volta che parla deve “scegliere” una lingua in base all’interlocutore che ha davanti. A questo vantaggio se ne aggiunge un altro più propriamente cognitivo.

Attenzione selettiva
Il fatto di essere bilingui impone di esercitare continuamente un’attenzione selettiva. Bisogna “inibire” le competenze relative a una lingua per esercitare le altre, e questo porta a sviluppare la capacità di concentrazione che consiste nell’ignorare fatti in quel momento irrilevanti». Ci sono studi a conferma di questi benefici? «Moltissimi se si parla di bambini, - dice l’esperta - meno se si fa riferimento a persone che hanno appreso, anche perfettamente, ma da adulte, una seconda lingua. In questo caso è difficile distinguere il ruolo della seconda lingua da quello del livello di istruzione, dell’ambiente di vita e così via». 
Una difesa per il deterioramento cognitivo
Possibile che il bilinguismo “difenda” anche dal deterioramento cognitivo dovuto all’età? «Possibile - risponde Sorace -. Ma servono molte altre ricerche per confermarlo perché, anche in questo caso, i fattori “confondenti” sono molti. Comunque, sapere più lingue sembra ritardare di 4-5 anni l’insorgere di patologie dementigene anche se poi, una volta insorte, il decorso è uguale per tutti. Da che cosa dipende questo beneficio, seppure temporaneo? Forse dalla maggiore “obbligatoria” plasticità del cervello alle prese con più lingue che rende il bilinguismo una riserva cognitiva». 


Parlare più tardi?
Il bambino bilingue non rischia di imparare a parlare più tardi? O se una delle due lingue è poco diffusa non occuperà lo “spazio” che sarebbe meglio lasciare all’inglese? «Può capitare che il piccolo bilingue impari a parlare più tardi, - osserva Sorace - ma se venisse in mente di sommare le parole che sa in entrambe le sue due lingue, si scoprirebbe che complessivamente ne conosce quante, e più, dei coetanei e quindi non c’è da temere alcun ritardo di sviluppo. Due lingue non fanno confusione, arricchiscono. Quanto alla teoria dello “spazio” a disposizione è ridicola: il cervello non è una scatola a capacità limitata: più lingue si sanno, più è facile impararne». 

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